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Tentato rapimento, per l'indiano decreto di espulsione: ma il caso si complica

L'indiano aveva già un precedente decreto di espulsione per i suoi precedenti penali: furto di rame e traffico di droga. Non avendo ottemperato al decreto, il 16 agosto, giorno del tentato sequestro, gli è stato reiterato il provvedimento

RAGUSA. In teoria, dovrebbe lasciare l'Italia allo scadere della mezzanotte. Una situazione paradossale visto che la magistratura lo indaga per sottrazione di minore e tentato sequestro di persona e un suo allontanamento renderebbe impossibile agli inquirenti procedere nei suoi confronti. È l'ennesimo complicato capitolo della vicenda di Ram Lubhaya, il cittadino indiano accusato di aver cercato di rapire, il 16 agosto scorso, una bimba di 5 anni, a Scoglitti, nel ragusano.

La questura di Ragusa, nei giorni scorsi, gli aveva notificato un decreto di espulsione dall'Italia che scade oggi. Il secondo, dal momento che un primo provvedimento, motivato con i precedenti penali dell'extracomunitario, indagato per furto di rame e traffico di droga, non è mai stato eseguito. Il vicequestore vicario Nicola Spampinato ha firmato oggi la richiesta di trasferimento in un Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE), dopo aver avuto il nullaosta dell'autorità giudiziaria. «Abbiamo formalizzato la richiesta di immissione in un centro - spiega il questore - ed ora aspettiamo di conoscere qual è la struttura che ci indicherà il ministero. Sarà comunque un giudice a valutare se disporre il trasferimento».

L'extracomunitario, intanto, oggi ha denunciato di aver subito minacce. Un uomo a bordo di una moto gli avrebbe urlato per strada «ti ammazzo», mimando il gesto di tagliargli la gola.

Sul caso è intervenuto anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha deciso di affidare agli ispettori di via Arenula un'inchiesta sulla gestione della vicenda da parte della procura di Ragusa. Il pm titolare dell'inchiesta non ha chiesto la convalida del fermo dell'indiano eseguita dai carabinieri dopo il tentativo di sequestro, ritenendo che non ce ne fossero i presupposti legali. Scelta criticata sui social dal popolo della Rete e da diversi politici. Tanto che il magistrato, a distanza di qualche giorno, ha voluto risentire l'indiano che ha negato qualunque intenzione di rapire la bambina. Dopo l'interrogatorio Lubhaya è stato lasciato andare.

Con la pm si è schierato il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia, già da oggi al lavoro sulla relazione da consegnare agli ispettori, che ha difeso le scelte dell'ufficio e ha polemizzato col ministro. «Mi aspettavo solidarietà viste le offese che la collega ha subito sui social per avere solo applicato la legge», ha detto il magistrato.

Ma il Guardasigilli oggi ha confermato l'intenzione di andare a fondo alla vicenda. «Io credo che sia interesse di tutti che la ricostruzione dei fatti avvenga tramite le forme previste dalla legge, cioè tramite accertamento che il Ministero dispone e questo per due finalità: da un lato per valutare se c'è stata una correttezza da parte della magistratura e dall'altro per evitare che si celebrino processi paralleli o processi al processo che non sono previsti nel nostro ordinamento», ha spiegato Orlando.

Critico il padre della bambina. «Al di là delle polemiche politiche sull'opportunità o meno di lasciare in carcere il presunto rapitore di mia figlia - ha detto - credo che il legislatore debba porsi il problema di rivedere il codice penale dopo quello è successo alla mia famiglia che ora vive ore di ansia sapendolo a piede libero».

Ad accorgersi che l'indiano aveva preso in braccio la piccola è stato un amico dei genitori. L'extracomunitario l'avrebbe tenuta per pochi secondi allontanandosi di qualche metro prima di essere fermato dalla coppia.

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