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Nelle carte dei pm le accuse a Veronica, ma è giallo sulle orme vicino al canalone

Gli investigatori insistono sugli spostamenti della donna e sulle fascette che erano in casa degli stival

SANTA CROCE CAMERINA. L’erba calpestata da una, ma forse anche due persone, proprio vicino al punto dal quale il corpicino del piccolo Loris Stival è stato gettato. Un corpo, quello di Loris, scaricato nel canalone, come un sacco, senza alcuna pietà.

Le fascette di plastica, che avrebbero stretto il suo collo fino a farlo morire soffocato, ancora non trovate, come lo zainetto, un telefonino della mamma o forse il tablet di Loris, e le forbici che quelle fascette avrebbero tranciato; sta tutto nel decreto di fermo di indiziato di delitto, che il pubblico ministero Marco Rota con il Procuratore della Repubblica di Ragusa, Carmelo Petralia, hanno redatto il 9 dicembre fornendo una ricostruzione che per gli inquirenti incastrerebbe Veronica Stival.

 

Loris, «Il capo prossimo alla parete del canale, poggiato a terra sul lato sinistro; il braccio destro leggermente distante dal corpo e il piede sinistro accavallato alla caviglia destra», e i segni sul volto di quel bambino, strangolato tra le 9 e le 10,30 del mattino, «con l’uso di una fascetta stringicavo di plastica». I pantaloni abbassati e il particolare delle mutandine che mancano e che devasta una comunità intera. È confermato nella relazione.

Ne resta sconvolto il cacciatore, Orazio Fidone che si reca sul posto per ispezionare un pozzo aperto ma «mentre percorreva la stradina che vi conduce, attraversando un ponticello, notava alla sua sinistra l’erba calpestata come se una o al massimo due persone fossero passate proprio vicino a un muretto posto a protezione del ponticello». Una o al massimo due persone. Senza ripensamento. L’unica cosa certa: il ritrovamento del piccolo e gli spostamenti del primo indagato, il cacciatore stesso: era in un altro posto quando il bambino è morto, lo dimostrerebbero anche i tragitti rilevati dal sistema satellitare antifurto.

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