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I figli di braccianti già lavorano a 12 anni: «piccoli schiavi invisibili» in provincia di Ragusa

La denuncia arriva da un rapporto di Save the Children. Il percorso scolastico dei ragazzi spesso viene rallentato o interrotto dal coinvolgimento diretto nelle serre con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno

Il filo rosso del percorso scolastico dei figli dei braccianti che lavorano nella provincia di Ragusa si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. È quanto si legge ne rapporto «Piccoli schiavi invisibili» diffuso da Save the Children, che accende un faro sulla condizione dei minori che vivono in alcuni territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo. Una situazione analoga si vive nella provincia di Latina.

Si può trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che può iniziare già a 10 anni per «dare una mano» nel periodo di raccolta. Per molti studenti, nel periodo del Covid, la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro, poi si è tornati tra i banchi, ma il pomeriggio anche adesso si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficoltà nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni), come confermano alcune delle testimonianze raccolte dal rapporto.

Storie che si intrecciano con i dati allarmanti sul lavoro minorile diffusi recentemente da Save the Children: in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) abbia svolto lavori dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico. Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attività in campagna.

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