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Sei morti di fame e sete su un barcone, 26 sopravvissuti a Pozzallo

foto d'archivio

Altri morti di fame e sete nel tentativo di raggiungere l’Europa, altri innocenti abbandonati in mezzo al Mediterraneo su barconi che a stento rimangono a galla e che vagano per giorni alla deriva. Dopo Loujin, la siriana di sei anni morta di stenti il 6 settembre sull’imbarcazione dove era con la madre, il padre e la sorellina di un anno e mezzo, altri sei migranti, due bimbi di uno e due anni, un dodicenne e tre donne secondo il racconto dei loro compagni di viaggio, non ce l’hanno fatta a resistere alle condizioni estreme e inumane della traversata.

Ventotto sopravvissuti a Pozzallo

L’ennesima tragedia - «orribile e inaccettabile» ripetono l’Organizzazione internazionale delle migrazioni e l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu - si è scoperta quando la motovedetta della Guardia Costiera italiana ha sbarcato i 28 sopravvissuti a Pozzallo, dopo averli recuperati ad 80 miglia della Sicilia da un mercantile battente bandiera liberiana che li aveva soccorsi davanti alla Libia. La barca, hanno raccontato i migranti, era partita il 30 agosto dalla Turchia con a bordo poco più di trenta persone, la stragrande maggioranza siriani e afghani. Quando è finito il carburante, la barca è andata alla deriva per giorni, spinta dalle correnti fino al largo della Libia dove poi è stata soccorsa dal mercantile. Ore e ore sotto il sole durante il giorno e al freddo durante la notte, con cibo e acqua che si riducevano sempre di più, fino a finire. «Pensiamo che siano morti di fame e di sete» dice senza mezzi termini la rappresentante dell’Unhcr Claudia Cardoletti.
Le vittime sarebbero tutte siriane: oltre ai due bimbi piccoli, ci sarebbero un adolescente di 12 anni e tre donne, tra le quali la nonna e la madre di alcuni bimbi che invece sono sopravvissuti. Una coppia avrebbe perso entrambi i figli minori, ma non è chiaro se i due bambini piccoli fossero fratelli o se uno dei due era il fratello del dodicenne. I loro corpi, però, non erano né sul barchino né in acqua quando il mercantile li ha soccorsi su indicazione della Guardia Costiera Italiana.

Il sindaco: «I naufraghi come i sopravvissuti ai lager nazisti»

Dei 28 sopravvissuti, due si trovano a Malta: nella giornata di ieri la stessa Guardia Costiera ha disposto l’evacuazione «per gravi motivi sanitari» di una bimba insieme alla madre. Era in «grave stato di disidratazione». Ma anche gli altri 26 non stanno meglio. «Sono disidratati e in condizioni psicofisiche drammatiche» dicono i membri delle organizzazioni umanitarie che hanno prestato la prima assistenza a terra. Ancora più diretto il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna: «sono in condizioni terribili, come quelle dei sopravvissuti ai lager nazisti». «Questa inaccettabile perdita di vite umane e il fatto che il gruppo abbia trascorso diversi giorni alla deriva prima di essere soccorso - dice Cardoletti - evidenziano ancora una volta l’urgente necessità di ripristinare un meccanismo di ricerca e soccorso tempestivo ed efficiente, guidato dagli stati nel Mediterraneo. Il soccorso in mare è un imperativo umanitario saldamente radicato nel diritto internazionale». Stessi concetti che ripete Flavio di Giacomo, rappresentante dell’Oim: «senza un sistema di pattugliamento adeguato in mare e più presente il rischio di barconi alla deriva e non soccorsi in tempo».

Per Alarm Phone non sarebbe l'unica tragedia

E quella di Pozzallo non sarebbe l’unica tragedia. Alarm Phone sostiene di aver ricevuto una telefonata da un barcone con a bordo 250 persone che si troverebbe nella zona Sar di Malta partito dal Libano una settimana fa. «Hanno finito il carburante - scrive in un tweet - cibo e acqua potabile sono finiti due giorni fa». La persona che ha chiamato, inoltre, «ha detto che sua figlia di 3 mesi è morta di sete».

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