ROMA. Un uomo adulto ma relativamente giovane, tra i 20 e i 30 anni ma anche qualcosa in più, inesperto e che presumibilmente ha agito da solo. Una persona che probabilmente non ha un lavoro che richiede un impegno rigoroso giornaliero e che potrebbe aver avvicinato il bambino a bordo di un'auto o di una moto probabilmente per abusare di lui, ma potrebbe avere avuto paura di una sua reazione negativa e temendo che raccontasse tutto e potesse scattare una denuncia nei suoi confronti lo ha strangolato e gettato in un canalone.
A tracciare il possibile «identikit» della persona che potrebbe aver ucciso il piccolo Andrea Loris, nel caso in cui vi sia alla base della sua morte un tentativo di abuso sessuale, è lo psichiatra e criminologo Francesco Bruno. «Chi ha ucciso - spiega - potrebbe averlo fatto a seguito di una reazione del piccolo a un atto di sopraffazione, come ad esempio un tentativo di abuso, o il bambino potrebbe averlo minacciato di raccontare tutto. Il timore di una denuncia avrebbe fatto si che chi lo ha avvicinato, magari inizialmente non con l'intenzione di ucciderlo, decidesse invece di strangolarlo e gettarlo in un canale». «È improbabile che sia stato un gruppo, magari costituito da ragazzi, perchè in questi casi si tende più facilmente a lasciare delle tracce - sottolinea ancora Bruno - i fatti indurrebbero a pensare che si tratti di una sola persona, che magari ha prelevato il piccolo a bordo di un'auto o di una moto, perchè l'incontro presumibilmente non è avvenuto esattamente dove il corpicino è stato ritrovato. Chi ha avvicinato Andrea Loris forse voleva abusare di lui, probabilmente non ucciderlo ma poi la paura scatenata dalla resistenza del bambino, non tanto a livello fisico ma come testimone di fatti e possibile accusatore, potrebbe aver spinto in quel momento il suo interlocutore a ucciderlo»
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