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Commesse sul piede di guerra: "No alle aperture domenicali"

I gruppi "Dng Sicilia, Domenica no grazie" chiedono che si cambi la legge sulle liberalizzazioni

RAGUSA. Ancora una volta le commesse fanno sentire la loro voce e lo fanno con Giorgio Iabichella, responsabile «Dng Sicilia, Domenica no grazie». Ora le commesse siciliane, insieme a quelle di altre 15 regioni italiane, alzano la voce e ribadiscono il loro secco «no» alla liberalizzazione delle aperture dei negozi. Le commesse di tutta Italia alla vigilia delle elezioni chiedono al prossimo Governo un impegno a regolamentare le liberalizzazioni mettendo dei paletti e demandandone la disciplina alle regioni.

«Le piazze non esisteranno più - dicono allarmati i coordinatori del gruppo Dng Lombardia - perchè i cittadini stanno modificando le proprie abitudini sociali. Difatti ormai si preferisce ritrovarsi, la domenica pomeriggio, ad esempio, all'interno dei centri commerciali anzichè in piazza, in montagna o al mare». E da Milano alla Sicilia il ritornello delle commesse è sempre lo stesso. «Riteniamo assurda la politica attuata dai nostri governanti - seguono a ruota i coordinatori del gruppo Dng Sicilia - che hanno liberalizzato la costruzione incontrollata di nuovi centri commerciali in ogni luogo d'Italia, consentendone poi l'apertura in ogni giorno dell'anno, e quindi la cementificazione di quelle aree che dovrebbero essere, invece, utilizzate per la costruzione di aree a verde o ludiche.

I rischi che si corrono sono molteplici e azzardati. La società si sta "robotizzando", accondiscendendo a quanto ci viene offerto e senza pensare a quello che sta accadendo nella vita delle famiglie italiane. Chi lavora nei centri commerciali ha cessato di vivere la domenica coi propri parenti, creando una disgregazione sociale senza pari nella storia. Mentre chi si adegua a vivere le proprie domeniche libere a fare acquisti, o semplicemente a passeggiare, nei centri commerciali, cedendo a quanto gli viene offerto, dimostra di essersi sottomesso ai "comandamenti" della Grande distribuzione organizzata. Ribadiamo il nostro secco “no” alle aperture dei negozi 365 giorni l'anno; chiediamo, anzi esigiamo, che futuri governanti cambino la legge sulle liberalizzazioni».

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