Fuga dall'Ucraina, Giovanni Bruno a casa con moglie e figlia: "Abbiamo temuto di non farcela"
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Per Giovanni Bruno l'incubo adesso è davvero finito. Dopo la fuga dalla guerra in Ucraina, il marittimo di Pozzallo è atterrato all'aeroporto di Palermo con la moglie Arina e la loro piccola figlia di 22 mesi. Sono arrivati poco prima della mezzanotte al Falcone Borsellino con un volo Ryanair da Bucarest. Il giorno prima erano riusciti a passare la frontiera dall’Ucraina dopo un viaggio lunghissimo da Kherson fino ad Odessa, grazie al suocero che li aveva accompagnati in macchina coraggiosamente nonostante la legge marziale in vigore non permettesse agli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il paese. Poi l'incontro con il giornalista di Radio Rai Simone Zazzera che li aveva portati con sé fino a Palanca, tra l'Ucraina e la Moldavia, dove poi la giovane famiglia era riuscita a salire su un bus fino ad Husi, in Romania. All'arrivo a Palermo, come si vede da questo video, il loro aspetto è provato dalla fatica e dalle preoccupazioni accumulate in questi giorni ma al tempo stesso sollevato per essere scampati alle atrocità della guerra portando in salvo la piccola di quasi 2 anni. Arina, con in mano i fiori fatti trovare dal sindaco di Pozzallo, fatica a trattenere le lacrime pensando ai suoi genitori rimasti in Ucraina. "Finalmente siamo qui - commenta Giovanni Bruno -. Appena saliti sull'aereo è passata l'angoscia. Ma fino a quel momento la paura era stata una costante". Il marittimo pozzallese era intrappolato dal 24 febbraio a Kherson, chiuso con la famiglia in un appartamento al settimo piano con la città presidiata dai russi che sparavano a vista. Non poteva uscire di casa se non per pochi minuti in cui comprava verdure e uova fresche dai contadini della zona. Dopo 25 giorni, lui e la moglie hanno trovato il coraggio di scappare. "Dormivamo vestiti per essere pronti a fuggire - racconta -. Durante il viaggio c'erano posti di blocco, ne abbiamo superati 15, 3 russi e 12 ucraini, non sapevamo cosa potesse succedere". E ammette che spesso hanno temuto di non avere scampo. "Abbiamo pensato di non farcela più di una volta - dice -. Soprattutto al primo posto di blocco che abbiamo incontrato durante il viaggio verso la Romania. Ringrazio tutti coloro che ci hanno aiutati. E anche chi ci ha sostenuto dall'Italia. Ho sentito la vicinanza dei miei concittadini. Ci sono tanti italiani in Ucraina che contattano la Farnesina, ma al momento non c'è via di fuga. La situazione a Kherson è peggiorata".