Andrea Caschetto ha varcato il confine. Il 31enne modicano che con 3 Tir e 11 van al seguito ha portato decine di tonnellate di cibo, vestiti e medicine nelle zone di guerra adesso è entrato in Ucraina come ha raccontato lui stesso sui suoi canali social e documentando con alcune foto. Caschetto ha raccontato che il suo obiettivo era solo quello di portare le tonnellate di aiuti al confine, nella zona bianca fra l’Ucraina e la Romania. Poi però la decisione superare la frontiera. "Arrivati al confine ho avuto una delle sensazioni più brutte di sempre - ha scritto nell'ultimo post su Instagram -. Mamme e bambini in fila per scappare e salutare in lacrime i loro amori. Un prete ortodosso aveva progettato di entrare in Ucraina a 35 km dal confine, per andare da un altro prete, nelle zone di Cernivci, a consegnare tutto e avere la certezza che il materiale arrivasse a chi ne ha veramente il bisogno. Un contatto fidato che l’avrebbe smistato nelle zone necessarie. Così mi sono guardato con il mio nuovo grande amico, Alessandro Capozi (colui che ha messo a disposizione i suoi tir e furgoni per portare il tutto da Milano) e ci siamo chiesti: Entriamo anche noi? Così siamo entrati". Caschetto racconta quel che ha visto. "Non siamo eroi, ci siamo accertati che la zona fosse tranquilla e abbiamo passato il confine. La strada per entrare dentro l’Ucraina era quasi deserta, alla nostra sinistra invece chilometri di macchine in coda piene di famiglie, giorni d’attesa per sentirsi liberi. Ma in fondo, liberi da cosa? In fondo abbandonare case, amici e amori è tutto meno che la libertà". Nelle foto Andrea Caschetto mostra i camion con il carico di beni di prima necessità e tanto amore portati dall'Italia. "Nella coda infinita di macchine, molti ci ringraziavano con gesti per ciò che stavamo facendo e portando. Ricordo perfettamente l’incrocio dello sguardo con una mamma in una macchina vecchia rossa. Un abbraccio a distanza, differentemente dagli altri sguardi saluti o ringraziamenti che ho intercettato, lei ha sorriso con una smorfia”.