Ragusa

Venerdì 03 Maggio 2024

Omicidio "sventato" dal sedile dell'auto a Comiso, nuovi arresti - Nomi e foto

Angelo Calabrese
Francesco Calabrese
Gaetano Calabrese
Orazio Calabrese
Una delle auto usate per l’agguato
L’auto della vittima
Una delle auto usate per l’agguato

COMISO. Sono finiti in carcere altri due membri della famiglia di pastori accusati del tentato omicidio avvenuto a Comiso 10 giorni fa nei confronti di un imprenditore. In carcere sono finiti Gaetano e Angelo Calabrese, entrambi nati a Gela, catturati dalla polizia. La misura di custodia cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Ragusa su richiesta della Procura della Repubblica iblea. Si tratta del padre e del figlio più piccolo della famiglia che raggiungono in carcere i fermati che squadra mobile ed commissariato di Comiso avevano individuato poco dopo l'agguato: i fratelli Francesco e Orazio Calabrese, individuati da squadra mobile e commissariato di Comiso. Secondo le indagini, gli accusati volevano uccidere il collega dopo che la vittima si era rivolta a loro perché pensava avessero tentato un furto nella sua azienda. Nell'agguato il proprietario dell’azienda si era salvato per puro caso: il sedile dell’auto aveva deviato il proiettile. Venerdì 9 giugno alle 23,30 circa, un imprenditore comisano si è accorto che all’interno del suo oleificio in contrada Rinazzi, al confine con Comiso e Vittoria, era stato divelto un infisso. L'imprenditore si è recato nell'abitazione vicina dove vivono i quattro componenti della famiglia Calabrese chiedendo spiegazioni sull'accaduto ma è stato aggredito. Poche ore dopo l'uomo sarebbe stato bloccato dai Calabrese che hanno preso a sprangate la sua auto e uno di loro - pare Francesco - ha sparato dei colpi di arma da fuoco. Uno dei colpi veniva sparato alle spalle, si è conficcato nel sedile dell’auto all’altezza del torace senza però ferire il conducente, salvo per pochi centimetri in quanto il colpo è stato deviato, con molta probabilità, da una delle molle dello schienale. L'uomo è poi riuscito a fuggire e a chiamare il 113. Da lì le indagini che hanno individuato i quattro presunti colpevoli, già noti alla polizia. Dall'intercettazioni è emersa l'estrema pericolosità della famiglia Calabrese, pronta a tutto, addirittura a portare a termine l’omicidio una volta rimessi in libertà, scrivono gli investigatori.

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