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Dieci anni senza il piccolo Lorys, una messa a Santa Croce Camerina: il papà è tornato in paese per ricordarlo

lorys stival

Dieci anni senza Lorys Stival. Il 29 novembre del 2014 l’uccisione del piccolo Lorys sconvolse Santa Croce Camerina, comune della piana iblea al centro di una vasta area con insediamenti serricoli. Ieri sera è stata celebrata una messa nella chiesa madre. Era presente il papà che oggi non vive più a Santa Croce. Si è trasferito nel Nord Italia e lì vive assieme al figlio più piccolo, che oggi ha 13 anni. Sui muri della cittadina sono stati affissi i manifesti funebri con la foto del piccolo Lorys.

Il bambino, che aveva otto anni e mezzo, venne ritrovato privo di vita in un canalone lungo la strada che da Santa Croce Camerina conduce a Punta Braccetto. L’autopsia che venne eseguita dal medico legale Giuseppe Iuvara accertò che il piccolo era stato strangolato con delle fascette stringicavo.
Poche ore prima, nella tarda mattinata, la madre Veronica Panarello ne aveva denunciato la scomparsa, dicendo di essersi recata a scuola e di non avere trovato Lorys. Era il primo atto della tragedia. Nella cittadina si organizzarono subito le ricerche che coinvolsero molti volontari e le forze dell’ordine. Poco prima delle 17, un uomo, Orazio Fidone, ex dipendente Enel (poi definito «il cacciatore» per la sua passione per la caccia), venne attratto dall’erba smossa nei pressi del canalone. Fermò la sua auto, fece pochi passi e trovò il corpicino in fondo al canalone, profondo 5 o 6 metri. Subito dopo arrivò un’auto della polizia.

Scattò la caccia all’uomo, al mostro il cui fantasma aleggiava sulla città, ma di lì a poco il cerchio delle indagini si strinse attorno a Veronica Panarello, la giovane madre appena ventiseienne. La sua versione dei fatti faceva acqua, le immagini delle telecamere di videosorveglianza della cittadina e soprattutto le immagini della telecamera di un negozio poco distante dall’abitazione dimostrarono che Lorys non era mai andato a scuola. La madre aveva mentito, non lo aveva mai accompagnato. Quando era uscito da casa assieme ai suoi figli, Lorys non l’aveva seguita, era anzi tornato indietro.

La donna, dopo aver accompagnato il figlioletto più piccolo, di tre anni, alla ludoteca, era tornata a casa. Tra le mura domestiche aveva strangolato il figlioletto, poi aveva caricato il corpicino in auto e si era diretta verso il mare, abbandonandolo nel canalone. Le telecamere furono determinanti per accertare la verità e non lasciavano dubbi.
La sera dell’8 dicembre la donna venne prelevata nella sua casa di Santa Croce Camerina e interrogata a lungo. Poco dopo la mezzanotte gli venne notificato il mandato di arresto. Da allora Veronica Panarello non ha più lasciato il carcere. È stata detenuta a Catania, ad Agrigento, oggi si trova a Torino. All’interno del carcere studia (ed esce alcune ore per le lezioni) e lavora.
Nel processo venne condannata a trenta anni di reclusione.

Il vecchio codice permetteva la riduzione della pena. La sentenza è stata confermata in appello e in Cassazione ed è divenuta definitiva. Per la donna, è scattata anche la condanna a due anni di reclusione per calunnia nei confronti del suocero, Andrea Stival. La donna cambiò versione molte volte e l’ultima volta accusò il suocero di aver stretto la fascetta, lasciando a se stessa solo il ruolo di complice inerme e l’occultamento di cadavere. Non venne creduta: si è dimostrato che Andrea Stival non è mai stato sul luogo del delitto. Oggi Veronica Panarello non ha più contatti con la famiglia. Si è separata dal marito e dal 2020 ha perso anche la patria potestà sul figlio più piccolo, oggi affidato esclusivamente al papà. «La sento costantemente - dice il suo legale, l’avvocato Francesco Villardita - all’interno del carcere sta mantenendo una condotta esemplare: si dedica ad alcune attività, lavora alla lavanderia, cuce, cucina, parla di Lorys e chiede di suo figlio più piccolo».

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