Stop alle immagini, ai gadget e agli slogan che standardizzano una immagine della Sicilia arretrata ed inneggiano alla mafia. È questo il senso della proposta del consigliere comunale di Ragusa del Pd, Mario D’Asta che sollecita una iniziativa non solo locale per bloccare la diffusione di gadget e immagini che feriscono la Sicilia e chi la mafia l’ha combattuta e continua a combatterla.
«La Sicilia è cultura, arte, accoglienza, enogastronomia, e nel 2021 non possiamo permettere che i turisti caratterizzino la nostra isola meravigliosa con immagini di mafia e gadget che riprendono una visione antica e standardizzata di cui noi vogliamo liberarci», spiega Mario D’Asta che non vuole fermarsi alla semplice denuncia del fatto.
«Questa iniziativa nasce da una riflessione su Ragusa. La questione riguarda la vendita di gadget con frasi 'mafiose', magliette e calamite che che inneggiano alla mafia e non riguarda solo Ragusa. Perché i turisti, devono acquistare questi gadget? È possibile che ci siano anche delle aziende che fanno della mafia un brand? Io dico che non è giusto. La mafia è sofferenza prevaricazione, ingiustizia, non può essere un gadget da portare a casa. E'una immagine di cui non sentiamo il bisogno. La Sicilia è altro, è arte cultura e accoglienza e questo vorremmo che i turisti portassero con sè quando visitano la nostra terra».
Una 'battaglia' che D’Asta spera venga sposata anche a livelli regionali, nazionali e europei «Per me è una battaglia solo non cittadina. Proporremo un mozione di natura culturale in consiglio comunale a Ragusa e stiamo verificando se è possibile procedere con un’ordinanza o un regolamento per vietare la vendita di prodotti del genere.
A livello regionale c'è convergenza anche di Italia Viva; il Pd dopo questa mia iniziativa ha organizzato una iniziativa sul web, c'è la disponibilità di Azione e dei 5 Stelle e ho sentito l’onorevole Fausto Raciti che è deputato del Pd alla Camera. Conto di coinvolgere Pietro Bartolo e Caterina Chinnici affinché portino questa problematica anche sui tavoli europei. Mi auguro possa essere una battaglia comune e condivisa da chiunque creda in questo che potrebbe risultare anche un cambio culturale».
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