«Per il petrolio e il gas non è un bel momento. All’inizio del 2020 avevamo dato ogni colpa alla pandemia, che aveva ridotto al lumicino l’estrazione di greggio e il consumo dei raffinati. Poi il crollo verticale del prezzo del petrolio fino a toccare quote di vendita in negativo per eccesso di stoccaggio. Sta di fatto che in un anno la provincia di Ragusa ha perso il 90% della capacità produttiva di greggio». Lo affermano in una nota i segretari di Filctem Cgil e Uiltec Uil di Ragusa Filippo Scollo e Giuseppe Scarpata, che aggiungono: «In Sicilia, ancora, negli ultimi 5 anni sono andate perdute oltre cinquecentomila tonnellate di petrolio non estratto». «L'off-shore - continuano - non è stato da meno. Sono ancora ferme le produzioni di 'Irminio', dopo un tentativo di riavvio nel periodo estivo, con tutto il personale ricondotto in cassa integrazione. Sono pari a zero quelle della concessione Ragusa di Enimed. Pozzi chiusi da mesi anche per la concessione S. Anna di contrada Tresauro, in cui Enimed, Irminio ed Edison si contendono in modo paritetico le quote». «Tutto ciò, anche alla luce di un prezzo del petrolio in forte risalita, dunque, appetibile per il riavvio delle produzioni, ci preoccupa e non poco. È inaccettabile e ingiustificato il fermo delle estrazioni nel nostro territorio. Il petrolio di Ragusa - concludono i due sindacalisti - valeva appena cinque anni fa qualcosa come 300 milioni di euro in termini di fatturato. È una ricchezza di cui il territorio non può fare a meno».