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L’Egitto a Ragusa con i tesori del Nilo

La mostra a Palazzo Garofalo fino al 26 ottobre. I reperti del Museo di Torino in un crossover tra il barocco e la delicatezza di una delle civiltà più antiche del Mediterraneo

La perfezione. A distanza di millenni resta palpabile la cura di questi oggetti che raccontano la vita e soprattutto, la vita oltre la morte; manufatti che meravigliano per la compattezza dei disegni, la grazia degli ornati, la vivacità dei colori, pronti a raccontare un mondo misterioso, lontano.

Se greci e romani ci sono familiari, gli egizi appaiono imprendibili: non tenta certo di sanare questo scostamento di tempo e luogo, la bellissima mostra che al Museo della cattedrale, a Palazzo Garofalo a Ragusa ospita i reperti del Museo Egizio di Torino; ma cerca di attuare un vero crossover tra la magnificenza barocca che qui è sovrana, e la delicatezza di una delle civiltà più antiche del Mediterraneo.

«Gli egizi e i doni del Nilo» curata da Paolo Marini, visitabile fino al 26 ottobre, balza indietro di tremila anni per ritrovarsi sulle sponde del sacro Nilo tra statuine, frammenti, visioni di vita quotidiana, omaggi ai defunti, reperti dalle tombe, tutti materiali provenienti da Torino, a cui si aggiungono piccole partecipazioni da musei siciliani, dal Salinas al museo archeologico ibleo al Museo del Papiro di Siracusa. Una mostra che legge in filigrana il rapporto degli egizi con il fiume, alveo patrigno, lavacro sacro, canale di trasporto, nume tutelare sia della vita quotidiana che del tempo oltre la morte.

Dall’Egitto unito sotto un unico faraone all’alba del IV millennio avanti Cristo all’ultima fase dell’Antico Regno. Un’operazione corale a cui Ragusa non era abituata, resa possibile dalla collaborazione tra privati come Arthemisia, e pubblico, dal Comune di Ragusa al Museo Egizio, Fondazione Federico II, Regione, Aeroporto di Catania, Gal. Il percorso espositivo attorno ai reperti - vasi, stele, amuleti e papiri, oltre ad una maschera funeraria in cartonnage - va a ritroso nel tempo, dall’Epoca predinastica all’età greco-romana. Tra i pezzi più belli, un modellino che riprende il tipo di imbarcazione che gli egizi credevano servisse per il viaggio il viaggio del defunto verso la città sacra di Abido: il modellino, in legno stuccato e dipinto, decorato con la coppia di occhi udjat a protezione dello scafo, faceva parte dei corredi funerari del Primo Periodo Intermedio (2118 - 1980 avanti Cristo).

Dalla galleria della cultura materiale del Museo Egizio arriva invece un set completo di quattro vasi canopi in alabastro di Ptahhotep. I coperchi ritraggono le teste zoomorfe dei Figli di Horus. Il percorso espositivo è arricchito da istallazioni digitali che permettono di trasformare semplici copie in artefatti, coinvolgono il pubblico e riescono a raccontare più storie fondamentali. Un focus sugli archeologi Johann Joachim Winckelmann, primo a scrivere un trattato sull’arte egizia; e Jean-François Champollion, grande decifratore dei geroglifici.

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