Le pene erano state rimodulate in Appello e la Cassazione non ha accolto il ricorso, nè della Procura generale per inasprirle, e nemmeno del difensore di due delle quattro persone condannate per l’omicidio di Salvatore Nicosia, autoricambista conosciuto da tutti come «Turi Mazinga», freddato a Santa Croce Camerina, a colpi di fucile il 12 settembre del 2016. Finiscono quindi in carcere per scontare la pena definitiva residua, Carmelo Iannello 79 anni e il figlio Giacomo Iannello 55 anni.
In primo grado, con rito abbreviato, Giacomo Iannello, considerato l’organizzatore dell’agguato mortale, era stato condannato a 30 anni, pena rimodulata in Appello a 16 anni e 8 mesi, mentre il padre era stato condannato a 16 anni (pena confermata anche in secondo grado). In Cassazione sono state stralciate le posizioni di Giuseppe Scionti (condannato a 14 anni e 8 mesi ) e di Yvan Cacciolla (10 anni) per un impedimento del legale dei due uomini. Gli 'ermellinì si pronunceranno a dicembre.
L’azione efferata che fece pensare ad un agguato mafioso. Gli arresti scattarono ad ottobre dello stesso 2016. Il delitto, secondo quanto ricostruito all’epoca dalla Squadra Mobile di Ragusa e dal commissariato di Vittoria, sarebbe maturato perchè Nicosia pretendeva il pagamento di un debito da Giacomo Iannello - 10, forse 15.000 euro - e per questo avrebbe minacciato la sua famiglia tanto da spingere Iannello ad assumere una guardia giurata per vigilare sui suoi cari temendo per la loro incolumità. Nel giudizio di primo grado a Ragusa, nel corso della sua requisitoria, il pubblico ministero Andrea Sodani, Giacomo Iannello per un anno intero avrebbe cercato qualcuno «per 'porre fine alla questione» fino ad arrivare alla determinazione di farsi giustizia da solo.
Il padre Carmelo e Scionti avrebbero commesso materialmente il delitto mentre Giacomo Iannello li avrebbe attesi per la fuga. Cacciolla venne condannato a10 anni di carcere «per concorso morale nell’omicidio», perchè sarebbe stato a conoscenza della spedizione di morte.
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