"La Panarello era capace di intendere". Questa la motivazione della sentenza del 5 luglio del 2018, depositata dalla Corte di Appello di Catania, che ha portato alla conferma della condanna a trent'anni per Veronica Panarello, rea di avere ucciso il 29 novembre 2014 a Santa Croce Camerina, il figlio Loris Stival. Le diverse versioni che la donna, difesa dall'avvocato Francesco Villardita, ha fornito su quanto accaduto non sono il frutto di un disturbo della personalità e di un processo di verità progressiva come sostenuto dal suo legale ma, come sostiene la Corte, e come riporta Giada Drocker in un articolo sul Giornale di Sicilia in edicola, "i tasselli di una deliberata e dolosa strategia manipolatoria e falsificatrice della realtà, in un'ottica di adeguamento progressivo della propria linea difensiva alle diverse emergenze procedimentali". La donna, dunque, avrebbe avuto un diverbio con il figlio che non voleva andare a scuola e avrebbe ucciso il bambino coscientemente ovvero prima avrebbe effettuato un sopralluogo al canalone, poi sarebbe rientrata a casa, avrebbe parcheggiata l'auto in garage (come non era solita fare) per caricare il corpo del figlio di 8 anni appena ucciso. Non premeditazione ma l'attuazione di un piano prestabilito che aveva architettato al momento del diverbio con il figlio.