Il doppio sbarco di migranti a Pozzallo: "Quattro somali gettati in mare". Una decina gli indagati
Sarebbero una decina le persone indagate tra i migranti sbarcati nella notte a Pozzallo da nave Protector e 'Monte Sperone' della Guardia di finanza per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Gli uomini della squadra mobile di Ragusa sono al lavoro per individuare i presunti scafisti e già in serata potrebbero esserci i primi fermati. Nell'hotspot di Pozzallo i poliziotti continuano a sentire i migranti sbarcati per avere prove testimoniali sui presunti scafisti che avrebbero organizzato il viaggio sul vecchio peschereccio partito dalla Libia. E nel giro di poche ore il quadro indiziario potrebbe chiudersi. Intanto si indaga sul viaggio delle imbarcazioni. Quattro somali che erano a bordo del barcone con circa 450 persone soccorso dalle navi della Gdf e di Frontex nei giorni scorsi, sarebbero morti dopo essersi gettati in acqua. Lo scrive su twitter il portavoce dell'Oim in Italia Flavio di Giacomo riferendo quando raccontando dai migranti che sono sbarcati nella notte a Pozzallo. "Quattro somali sono morti venerdì scorso - sottolinea - Erano ancora a bordo del peschereccio, senza più cibo né acqua, quando hanno visto una (non identificata) nave in lontananza: in 30 si sono tuffati per nuotare verso la nave. In 4 sono annegati". "E' un aspetto ancora oggetto di verifica", replica il questore di Ragusa Salvatore La Rosa che coordina le operazioni di polizia nell'hotspot di Pozzallo, dopo la denuncia dell'Oim. La polizia sta continuando gli interrogatori per risalire ai presunti scafisti che pilotavano il barcone in navigazione nel canale di Sicilia. Intanto, una equipe composta da una psicologa, un'assistente sociale e un mediatore culturale è da stamani al lavoro nell'hotspot di Pozzallo per dare aiuto e sostegno psicologico ai 128 minori non accompagnati sbarcati stamani dalle navi Protector e Monte Sperone. L'equipe ha ascoltato soprattutto le minori donne ed hanno avuto modo di apprendere la situazione di degrado in cui hanno vissuto in Libia. Le migranti hanno raccontato agli operatori messi a disposizione dalla prefettura di esser rimaste chiuse per 14 mesi in luoghi di prigionia senza poter uscire. Non a caso quasi tutte hanno difficoltà a deambulare. Hanno vissuto in difficili condizioni igienico-sanitarie ed hanno chiesto di fare esami per accertarsi se hanno ''contratto malattie"