POZZALLO. Il salvataggio di 218 migranti, le minacce della Guardia Costiera libica con le armi puntate, 24 ore a bagnomaria nel Mediterraneo con un carico di bambini, donne e profughi in precarie condizioni di salute, senza l'autorizzazione a dirigersi verso l’Italia. Solo nel tardo pomeriggio - e dopo una guerra a colpi di normative e regolamenti che ha coinvolto quattro Paesi (Italia, Spagna, Libia e Malta) - si è conclusa l’odissea della nave della ong spagnola ProActiva Open Arms, diretta ora verso il porto di Pozzallo. Con l’ok concesso da Roma «attese le precarie condizioni dei migranti a bordo e le previste condizioni meteomarine in peggioramento».
L’intervento di soccorso di ieri a due gommoni in difficoltà, a quanto riferito da Open Arms, è avvenuto in acque internazionali, a 73 miglia dalle coste libiche. Ma durante le operazioni di trasbordo dei migranti, un pattugliatore libico ha intimato all’equipaggio umanitario di consegnare le persone soccorse. Al rifiuto di Proactiva, i militari hanno tirato fuori le armi minacciando di aprire il fuoco. La ong spagnola ha resistito ed ha mantenuto a bordo i 218 salvati.
La Guardia costiera libica fornisce però un’altra versione. «Smentiamo - fa sapere - qualsiasi minaccia nei confronti dell’equipaggio dell’organizzazione straniera, malgrado il loro comportamento provocatorio» e «il mancato rispetto della bandiera dello Stato libico nelle acque libiche». La motovedetta, aggiungono, era "pronta all’operazione di salvataggio più di un’ora e mezza prima di questa nave» della ong, ma «la presenza di due canotti dell’organizzazione nella zona dell’obiettivo ha rovinato l'inizio dell’operazione» di recupero. Da parte sua, la Guardia costiera italiana sottolinea che il coordinamento era stato "assunto dalla Guardia Costiera libica» e che la ong ne era a conoscenza.
A questo punto si è aperto un altro fronte. In quale safe harbor (porto sicuro) approdare? L’Italia, destinazione consueta, ha risposto picche, spiegando che tocca alla Libia, che ha coordinato le operazioni di soccorso, stabilire la meta. Dalla nave umanitaria, ovviamente, non ci stanno e dirigono la rotta verso nord, «in attesa di istruzioni». Intanto, a bordo, la situazione è pesante: tra i migranti ci sono bimbi e persone in condizioni precarie di salute. Proprio tre giorni fa un giovane eritreo è morto di fame all’arrivo nel porto di Pozzallo. Ed il team medico della Proactiva chiede l’immediata evacuazione per i casi più gravi: «siamo al limite». Risponde all’appello Malta, con una motovedetta che raccoglie una bimba di tre mesi disidratata e con la scabbia e sua madre.
Ma ancora nessuna indicazione su dove dirigersi. Per fare l'evacuazione della bimba la nave si è spinta in acque di ricerca e soccorso maltesi ma, rileva la Guardia Costiera, "nonostante la vicinanza con l’isola di Malta, la nave proseguiva la navigazione verso le coste italiane in attesa di indicazioni dell’autorità spagnola». E’ infatti lo Stato di bandiera dell’imbarcazione - la Spagna - a dover chiedere all’Italia di permettere l’approdo del mezzo umanitario, secondo quanto previsto dal Codice delle ong sottoscritto da Proactiva. Ma dalla nave non arriva nessuna richiesta alle autorità spagnole e continua a navigare verso nord. Una volta raggiunto il limite delle acque italiane arriva l’ok a dirigersi verso Pozzallo, dove giungerà domani.
Il caso - seguito dal ministro dell’Interno Marco Minniti dal Niger, dove ha partecipato ad un vertice dei 5+5 del Sahel - ha alimentato polemiche politiche. Il segretario dei Radicali Italiani Riccardo Magi, promotore di +Europa eletto alla Camera, aveva chiesto al Governo di far approdare in Italia la Open Arms, «per evitare tragedie come quella del ragazzo eritreo morto di fame. O siamo davvero arrivati alla chiusura dei porti?». Tutt'altra la linea di Maurizio Gasparri (Fi) che ha stigmatizzato «l'azione provocatoria che alcune ong stanno nuovamente mettendo in atto nel Mediterraneo».
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