Salvata, ma in braccio ha il figlio morto. I superstiti dell'ultimo naufragio: 50 i migranti scomparsi
RAGUSA. Potrebbero essere 50 i migranti scomparsi in mare nell'ultimo naufragio avvenuto nel canale di Sicilia il 6 novembre scorso: finora il bilancio era di almeno cinque vittime. Lo scafista potrebbe essere morto o essere stato salvato dalla Guardia Costiera libica. Lo dice la polizia di Ragusa dopo aver ascoltato le dichiarazioni dei superstiti nell'ambito delle indagini dello sbarco, avvenuto ieri a Pozzallo (Ragusa) di 59 migranti e del cadavere di un bambino portati dalla nave dell'Ong Sea watch. Ieri erano stati sbarcati a Pozzallo quattro cadaveri, recuperati dall'equipaggio della nave Aquarius, vittime dello stesso naufragio. Dall'attività investigativa, condotta dalla squadra mobile di Ragusa - con la partecipazione della guardia di finanza di Pozzallo e dei carabinieri - è stato appurato che 145 persone circa erano partite dalle coste libiche su un gommone che giunto in acque internazionali ha iniziato ad imbarcare acqua. Dopo poche decine di minuti il gommone era semisommerso ed è stato avvistato da un elicottero della Marina Militare italiana che ha lanciato l'allarme. Per i soccorsi sono giunte una motovedetta libica e la nave "Sea Watch". Molti migranti all'arrivo dei soccorritori - secondo i testimoni - erano già annegati, altri sono stati salvati dalla motovedetta libica ed altri ancora, 59, sono stati soccorsi dalla "Sea Watch". L'equipaggio della nave ha recuperato anche il cadavere di un bambino di 2 anni e mezzo, figlio di una superstite. Lo ha tenuto in braccio sulla nave Sea Watch, dopo il salvataggio, nel viaggio fino a Pozzallo. La donna, nigeriana di 26 anni, era partita sola col figlioletto; il marito aveva raggiunto l'Italia mesi fa. La donna, che poi a Pozzallo ha dovuto riconoscere ufficialmente il figlio, è stata affidata a una struttura protetta. Oltre al bimbo di 2 anni, l'Aquarius ha poi preso 4 cadaveri in mare. Le vittime sono morte per annegamento come ha stabilito una prima ispezione cadaverica disposta dalla procura ragusana. L'operazione di salvataggio è stata caratterizzata da uno scambio di accuse tra la ong tedesca Sea watch e la Guardia costiera libica che si sono rimpallate le responsabilità della cattiva gestione dei soccorsi.