RAGUSA. «Ho fatto tutto quello che c'era da fare. Sono venuto a Ragusa per i funerali di mia moglie e ho visto i miei figli. Ma non voglio parlare, non voglio che tutto il mondo legga questa storia. Scusate». Charles, è il marito di Aminata Kone, la malese di 33 anni morta su un barcone durante il tragitto dalla Libia alla Sicilia.
Non ce l'ha fatta a ricongiungersi con suo marito perchè il Mediterraneo si è trasformato per lei in una tomba: è morta per asfissia da schiacciamento, così ha accertato il medico legale Giuseppe Iuvara; in quel barcone viaggiava insieme ai suoi due bambini, un maschio di 6 anni e una femmina di 9 anni.
Aminata è giunta cadavere lo scorso 6 novembre nel porto di Pozzallo con la nave Vos Hestia di Save the children e i bambini sono stati presi in cura e affidati alle suore del Sacro Cuore di Ragusa. Ma la donna era stata previdente e aveva cucito all'interno della felpa di uno dei due figli una rubrica telefonica dove c'era anche il recapito del marito. Così è stato rintracciato il padre dei suoi figli, da anni in Italia dove lavora a Jesi come mediatore culturale per conto della Gus onlus.
Una tragedia che ha scosso la comunità ragusana impegnata ai vari livelli per dare sostegno ai due orfani e poi una degna sepoltura alla donna. Così ieri nella parte islamica del cimitero di Ragusa Ibla si è proceduto alla sepoltura di Amirata, alla presenza del marito, del figlio maggiore Habib che vive col padre a Jesi e del fratello della donna, Mossa. Erano presenti anche il prefetto di Ragusa Maria Carmela Librizzi e i sindaci di Ragusa e di Pozzallo, Federico Piccitto e Luigi Ammatuna.
L'Imam di Ragusa, Radwen, ha officiato il rito funebre all'ingresso del cimitero. Un rito breve, ma carico di significato, con l'invocazione ad Allah e una preghiera per tutti i defunti.
Ora l'impegno della comunità iblea è di favorire il ricongiungimento tra il padre e i due figli. Proprio ieri il Tribunale dei minori di Catania ha autorizzato Charles a vedere i due bambini e potrebbe decidere nei prossimi giorni un affido temporaneo a una famiglia marchigiana prima di assegnare definitivamente i bambini al padre che da circa un mese non riusciva a sentire la moglie che aveva deciso unilateralmente di raggiungerlo in Italia senza più aspettare il ricongiungimento familiare che tardava.
«Aminata non ha voluto aspettare più - rivela Marcos Lopes della onlus di Jesi dove lavora Charles - e così è partita con i due piccoli ed è morta per proteggerli. Avevamo tutta la documentazione già pronta, ma lei era stanca di aspettare. Ora stiamo lavorando con il giudice, i servizi sociali di Jesi per fare intanto un passaggio da Ragusa alla città marchigiana avvicinando così i due piccoli al padre, magari con un affidamento temporaneo a una famiglia vicina. Garantiremo studio, inserimento sociale e tutto ciò di cui i bambini hanno bisogno». Tutto quello che voleva dare loro Aminata.
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