VITTORIA. Negli ultimi anni la sua dichiarazione dei redditi non aveva mai superato quota 6 mila euro di reddito imponibile, nonostante fosse un noto imprenditore del Vittoriese, in particolare del settore del commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli.
In pratica, ufficialmente non guadagnava più di 500 euro al mese, ma con la passione per il lusso. È per questo che il Tribunale di Ragusa – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Procuratore della Repubblica Carmelo Petralia, ha disposto il sequestro dei beni dell’imprenditore per “pericolosità fiscale”.
Gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ragusa hanno così apposto i sigilli su 4 immobili (tra i quali una lussuosa villa a Scoglitti), 2 auto (di cui un Luxury Suv in edizione limitata), 3 conti correnti, 2 polizze assicurative e un fondo di investimento, rapporti finanziari sui quali erano depositati oltre 100 mila euro, per un valore complessivo stimato per oltre un milione di euro.
La ricostruzione del curriculum criminale ha permesso di accertare che l'imprenditore fosse dedito alla commissione di truffe seriali (lo dimostrano le numerose indagini svolte sul territorio nazionale da parte dei reparti del Corpo e di altre forze dell’ordine, in materia di reati contro il patrimonio).
L’imprenditore vittoriese, insomma, ha vissuto una fortunata scalata imprenditoriale, sulla quale però si sono proiettate numerose ombre.
Sono state monitorate le numerose società a lui riconducibili, tutte caratterizzate da fatturati milionari ma con bassissimi redditi imponibili, a volte non superiori ai 1.000 euro annui. Tale anomala circostanza è da ricondurre a consolidati meccanismi evasivi, quali false fatturazioni, gonfiamento dei costi, occultamento dei ricavi, etc.
I mirati accertamenti patrimoniali e reddituali eseguiti dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Vittoria hanno perciò consentito di far luce sull’effettiva pericolosità fiscale dell’imprenditore, ricostruendo e mappando l’enorme patrimonio di cui disponeva, senza che fosse minimamente giustificabile dai redditi percepiti ufficialmente e dichiarati al fisco.
Nello specifico, per i soli anni presi ad esame dalla Guardia di Finanza (dal 2011 al 2014), la sproporzione è risultata pari a circa 550 mila euro, nonostante si sia tenuto conto della spesa media mensile familiare sostenuta e delle varie spese di gestione di beni immobili e mobili. Ciò è bastato per i giudici per ritenere che gli immobili e gli automezzi acquisiti nel periodo della confermata attività delittuosa, possano considerarsi reimpiego dei proventi illeciti.
L’obiettivo della prevenzione è divenuto non solo quello di contenere la pericolosità di un soggetto, quanto piuttosto quello di neutralizzarla privandolo delle ricchezze accumulate in spregio alla legge, ed immettere nuovamente tali beni nel circuito economico sano.
Si è assistito ad una vera e propria metamorfosi delle misure di prevenzione, nate per contrastare la criminalità organizzata e capaci, oggi, di contenere anche la pericolosità sociale dei cosiddetti “colletti bianchi”, ossia coloro che sfruttano la propria mentalità imprenditoriale al fine di porre in essere condotte evasive che inquinano il libero mercato ed i principi della leale concorrenza.
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