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Ragusa, in piazza contro l'Imu agricola

Secondo le associazioni che scenderanno in piazza, l’Istat non avrebbe nemmeno fornito la classificazione dei terreni montani alla base del decreto

RAGUSA. Le associazioni agricole ragusane fanno quadrato e domani scendono in piazza per fare sentire la loro voce. L’appuntamento è alle 9.30 davanti alla Camera di Commercio anche se poi è prevista una «missione» in Prefettura per consegnare il documento della piattaforma rivendicativa al prefetto Annunziato Vardè. Ieri mattina i rappresentanti delle associazioni hanno spiegato le ragioni della protesta ed illustrato anche alcuni dettagli sull’Imu agricola, la tassa definita «iniqua» che rischia di fare sprofondare nel baratro la maggior parte delle aziende presenti sul territorio ibleo. C'erano Pino Occhipinti (Legacoop), Sandro Gambuzza (Confagricoltura), Gianni Gulino, Giovanni Criscione e Emanuele Lo Presti (Confcooperative), Nanni Terranova (Agci) per Agrinsieme, Tino Antoci per l'Unsic e Gianni Mantello per Copagri.

Alla mobilitazione ha aderito anche Federvivai. Per quanto riguarda l’Imu agricola i rappresentanti delle associazioni hanno commentato: «Ci sembra incredibile il fatto che, nonostante il decreto 4 del Governo nazionale del 25 gennaio scorso, quello, per intenderci, in cui si stabiliscono i criteri e i parametri di pagamento per l'Imu agricola, faccia riferimento, a tale scopo, ad una classificazione Istat che riguarda i terreni montani, quelli parzialmente montani e gli altri non montani, l'istituto nazionale di statistica abbia diramato una comunicazione, il 5 febbraio scorso, in cui precisa di non avere redatto alcuna classificazione. Semmai, l'Istat chiarisce di avere ricevuto l'incarico di rivedere una classificazione redatta nel lontano 1952 da parte dell'associazione dei Comuni montani italiani. E, come se non bastasse, questa ulteriore classificazione non è stata ancora predisposta per cui siamo di fronte ad un decreto legge che basa i suoi parametri e i suoi assunti su un documento quantomeno confuso e datato. Tutto ciò fermo restando che noi continuiamo a chiedere la soppressione di un balzello iniquo e che non ha alcuna ragione d'essere in questo difficile momento storico».

 

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