RAGUSA. Si è conclusa con due condanne a cinque anni di reclusione il processo davanti al collegio del Tribunale di Ragusa (presidente Vincenzo Ignaccolo, a latere Ivano Infarinato ed Eleonora Schininà) ai danni di due fratelli arrestati a febbraio dell’anno scorso per estorsione in concorso, tentata estorsione continuata e ricettazione. Si tratta di Carlo e Marco Piscopo, rispettivamente di 42 e 32 anni, ritenuti appartenenti alla famiglia mafiosa, legata a «Cosa nostra».
Il reato sarebbe stato consumato con la tecnica del cavallo di ritorno. Il pubblico ministero Marco Rota aveva chiesto la condanna dei due Piscopo alla pena di sei anni e nove mesi di reclusione. Il Tribunale ha assolto i due dall’accusa di ricettazione. Gli avvocati difensori, Massimo Garofalo e Maurizio Catalano, avevano chiesto l’assoluzione da tutti i reati anche alla luce dell’istruttoria dibattimentale.
I testi hanno sostanzialmente confermato la versione resa dagli imputati, ovvero che è stata la vittima del furto a rivolgersi a loro per fungere da intermediari in modo da riavere indietro il veicolo che gli era stato rubato nella campagne tra Ragusa e Comiso. Il Tribunale, dopo la camera di consiglio, ha condannato i due Piscopo. Entrambi gli imputati sono liberi.
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