Dopo la nota pubblicata da Emanuele Filiberto di Savoia che ipotizza un avvelenamento della sua squadra mentre era a Ragusa per disputare i playout di serie D di calcio, contro i padroni di casa dell’Asd Ragusa Calcio (per la cronaca, partita che il team ragusano ha vinto per 6 a 0), arriva la risposta della società iblea attraverso i suoi legali.
«Il Presidente dell’Asd Ragusa Calcio, Giuseppe Trapani e il medico sportivo della società - si legge nel comunicato - hanno conferito mandato agli avvocati Fabrizio Cavallo e Francesco Guastella per sporgere querela nei confronti del dott. Emanuele Filiberto di Savoia, proprietario della squadra del Real Aversa, per le gravi affermazioni divulgate al termine del match che si è disputato a Ragusa e che ha visto protagoniste le due formazioni impegnate nei play out del campionato di serie D». Nella nota si legge anche che «la dirigenza del Asd Ragusa calcio ritiene inaccettabili e deliranti le parole del dott. Emanuele Filiberto di Savoia che lascia intendere che vi sia stato addirittura una sorta di complotto ordito dal Asd Ragusa calcio, che avrebbe portato all’avvelenamento dei suoi giocatori che per questa ragione avrebbero perso il match in questione».
La società Asd Ragusa Calcio definisce «infamanti» le parole scritte, che «offendono profondamente la squadra e la comunità Ragusana. I giocatori del Asd Ragusa Calcio hanno sempre affrontato, assieme alla dirigenza, le vittorie e le sconfitte in campo, a testa alta e con grande dignità».
Il comunicato del proprietario del Real Aversa insinuava pure che il medico del pronto soccorso dell’ospedale di Ragusa, a cui si sarebbero rivolti due dei tesserati, sarebbe stato lo stesso medico sportivo, una donna, trovato poi sulla panchina della società del Asd Ragusa («Spero che fosse solamente una sosia», ha scritto dopo l’insinuazione). Il Real Aversa ha annunciato di avere denunciato la struttura che ha ospitato la squadra e di avere presentato reclamo per fare ripetere la partita.
L’azienda sanitaria locale ha smentito che vi fosse una dottoressa in pronto soccorso quella mattina in cui un tesserato del club di Aversa «alle 10,10 si era presentato». «Dopo l’accettazione in Triage e in virtù dei sintomi manifestati (dolore addominale, febbre, vomito, diarrea), al paziente veniva assegnato un "codice verde" - scrive l’Asp -. Dopo una rivalutazione visiva da parte dell’infermiere di Triage alle 10.31, l’unico medico in servizio, di sesso maschile, prendeva in carico l’assistito alle 11.03. Al paziente veniva preso un accesso venoso per eseguire gli esami di laboratorio e somministrata una terapia. Il medico in servizio, di fronte alle richieste dell’accompagnatore sui tempi di permanenza nella struttura, spiegava che era necessario attendere la risposta alla terapia e il risultato degli esami, che verranno stampati alle 12.19. All’esito della diagnosi di Gastroenterite, però, il calciatore aveva già abbandonato assieme agli accompagnatori i locali di pronto soccorso». L’Asp ha ribadito che «all’interno del pronto soccorso non era presente alcuna dottoressa. Qualsiasi ricostruzione successiva, pertanto, è destituita di ogni fondamento».
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