SCICLI. Ufficialmente lavoravano come netturbini, ma in realtà erano ai vertici di "una pericolosa cosca della mafia siciliana". E' l'accusa contestata a cinque operatori ecologici, ritenuti capi e luogotenenti del clan, arrestati da carabinieri del comando provinciale di Ragusa. Sono tutti dipendenti della stessa ditta, della quale secondo l'accusa "avevano di fatto preso il controllo", incaricata della raccolta di rifiuti urbani per il Comune di Scicli, paese Ibleo patrimonio dell'Unesco e il cui municipio è stato la location esterna del commissariato di polizia di Vigata e stanza del sindaco era l'ufficio del Questore nelle prime puntate della serie televisiva sul commissario Montalbano.
Il provvedimento restrittivo è stato emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania e ipotizza i reti di associazione mafiosa, estorsioni, truffe e violenze private e furto aggravato.
Dalle indagini dei carabinieri di Ragusa, sarebbe emerso che la cosca, "approfittando dell'assenza di sodalizi concorrenti ormai decimati da precedenti inchieste giudiziarie e forte dei legami con esponenti delle famiglie mafiose Catanesi", si stava "insediando nel tessuto socio-economico di Scicili per assumere il predominio delle attività criminali nel territorio e infiltrarsi nelle attività d'impresa, attraverso violenze e pesanti intimidazioni". Tra queste: telefonate con minacce di morte, recapito di proiettili, contenitori di benzina collocati davanti le aziende che subivano anche furti e danneggiamenti di veicoli sui quali venivano lasciati topi morti.
Altre sei persone rimangono indagate in stato di libertà nell'ambito dell'operazione denominata Eco.
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