RAGUSA. Picchiato in Libia con un bastone alla testa e poi calpestato dalla ressa di migranti costretti a salire di corsa sul natante. Sarebbe stato ferito mortalmente così il 20enne eritreo il cui corpo è da ieri a Pozzallo, dove sono sbarcati altre 289 persone. È la ricostruzione della squadra mobile di Ragusa che ha arrestato due scafisti del viaggio, uno del Sierra Leone di 24 anni e uno del Ghana di 19, ai quali è contestato, come concorso eventuale per altro reato, anche l'omicidio.
Oltre alla lesione procurata dalla bastonata, la ferita sarebbe stata aggravata dai colpi involontari ricevuti da altri extracomunitari che lo hanno calpestato nella ressa che si è creata. Il ventenne eritreo sarebbe stato soccorso, ma inutilmente, da suoi connazionali, che quando si sono accorti che era morto non avrebbero gettato il corpo in mare per dargli una sepoltura una volta arrivati a terra. Secondo la tesi della polizia i due scafisti, scelti dai trafficanti di uomini tra gli stessi migranti in viaggio, gli arrestati sarebbero complici, anche se involontari, dell'omicidio. Oggi, nell'obitorio del cimitero di Pozzallo, sarà eseguita l'autopsia. Successivamente la squadra mobile della Questura redigerà un'informativa di reato che passerà al vaglio della Procura di Ragusa.
Picchiati e ammassati su un gommone, così piccolo che alcuni di loro hanno preso posto
'sedutì sul corpo di un eritreo morto per le percosse ricevute. È il tragico racconto di alcuni dei migranti soccorsi dalla fregata Scirocco della marina militare italiana e portati in salvo, ieri, nel porto di Pozzallo. La squadra mobile di Ragusa ha fermato due presunti scafisti, accusandoli anche di omicidio come evento di un altro reato.
«Sul gommone - racconta un sopravvissuto al viaggio alla polizia di Ragusa - i libici ci bastonavano, colpendoci in qualsiasi parte del corpo e anche in parti vitali, quali la testa, la nuca e il collo. Io mi trovavo ad occupare un posto posizionato al centro del gommone, quando uno di noi ci faceva notare che un soggetto, probabilmente di nazionalità eritrea,
era deceduto». «Alcuni dei soggetti, forse del Mali - ricorda un migrante - trovavano più agevole, dato l'estremo affollamento, sedersi direttamente sopra il cadavere. Durante la
navigazione più volte gli scafisti ci dicevano di gettare in mare in cadavere, ma noi ci opponevamo con fermezza perchè volevamo continuare il viaggio con il nostro amico».