RAGUSA. Storie di guarigioni straordinarie, che non sempre finiscono sui tavoli del Vaticano. A volte fanno il giro della città in poche ore, come avvenne per la chiaramontana Giovanna La Terra Majore, altre volte rimangono "nascoste" per anni nella memoria del cuore. È questo il ricordo di Tina Carfì, di Ragusa, conoscente della Majore, che di recente ha compiuto 80 anni. Era il maggio del 1950. «Avevo 16 anni - racconta -, mi ammalai di tifo. A quei tempi non c'erano antibiotici, e quindi si curava con sulfamidici e dieta strettissima: latte e pastina. Per un mese ebbi la febbre altissima, ero e demoralizzata. Con la mamma pregavamo, recitando il Rosario e la preghiera del mese di maggio. Alla fine di maggio le mie condizioni si aggravarono, il medico di famiglia, Francesco Antoci, non sapeva più che cosa fare. Chiese un consulto ad uno specialista, il dottore Giovanni Antoci. Io ero ormai in stato di coma, il mio cervello non rispondeva ai riflessi, ero in blocco renale e con il respiro affannoso. La diagnosi dei medici fu senza appello: meningite meningococcica. Non c'era possibilità di guarigione, la prognosi era infausta».
Lo stato di coma continuava. A quei tempi quando qualcuno moriva il parroco suonava l'Agonia, ossia suonava le campane perché tutto il quartiere sapesse cosa stava accadendo. «Un giorno - prosegue il racconto -, mi raccontarono dopo, quando suonarono le campane, le anziane del vicinato si fecero il segno della croce e pregarono per me credendo che fossi morta. Ed invece io feci un sogno. Vidi la Madonna del Rosario venirmi incontro col manto blu ed il vestito rosso: era bellissima. Emanava una luce abbagliante. Fissa mi guardò, io rimasi folgorata, non riuscì ad aprire bocca. Lei si voltò e senza dire nulla si allontanò. Io capii che dovevo fare qualcosa, allora mi alzai, corsi a chiamarla: Madonnina mia, Madonnina mia, ascoltami! Lei si girò e mi sorrise. Le dissi: Madonnina mia, perdonami se non ti ho parlato subito, ti chiedo di guarirmi presto. Ti prometto che porterò mio padre ai tuoi piedi, in chiesa. A questa invocazione, la Vergine sorrise e abbassò il capo due volte, in segno di assenso. Io riaprì gli occhi, chiamai mia madre. Iniziai a pronunciare il nome della Madonna, anche se non avevo ancora molta forza». La guarigione fu immediata, inspiegabile e non rimase alcuna taccia della malattia, come testimoniò lo stesso medico. «Mio papà - racconta - si convertì, e per anni portai l'abito della madonna del Rosario. Il ricordo di quel sogno lo rivivo sempre, da allora». Una relazione venne inviata al Santuario di Pompei.
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