RAGUSA. «Le distribuzioni di derrate alimentari, i sussidi una tantum, la mancanza di azioni di sistema e di visioni ampie della povertà sono i sintomi di un approccio al disagio ancora esclusivamente assistenziale». Un’analisi che evidenzia la «debolezza della risposta istituzionale alla povertà». A parlare non è la Cgil, ma la Chiesa ragusana. È la Caritas, con il suo direttore Domenico Leggio, ad individuare come, a livello locale e nazionale, «le spese sociali dell'austerity che ha inaridito il welfare sono state pagate soprattutto dalle persone e famiglie al margine della povertà conclamata, escluse dall'intervento pubblico, o beneficiarie di interventi sociali inadeguati, sempre più limitati e ristretti».
Ieri, in occasione della Pasqua ormai vicina, gli operatori della Caritas hanno incontrato il vescovo, Paolo Urso, al quale sono stati presentati sia i dati relativi agli interventi della Caritas sia quelli dello sportello povertà. «Aumenta certamente la richiesta di aiuto - si legge nel rapporto presentato al vescovo -, la fila di persone davanti ai centri d'ascolto si allunga, ma non tutte queste persone sono prese in carico dai Centri. Tale fenomeno è riconducibile a diversi fattori tra cui soprattutto la crescente complessità dei casi sociali, che richiedono tempi lunghi di ascolto e colloqui ripetuti nel tempo. Per tale motivo i numeri e nello ripetuti nel tempo. Per tale motivo i numeri e nello specifico in numeri della Caritas non possono raccontare tutta la povertà del territorio. Vi sono alcune situazioni locali dove la Caritas è interpellata senza che ci sia da parte nostra la possibilità di risolvere il problema singolo (indebitamenti, pignoramenti di beni immobili, gravi problemi di salute). Nonostante questo la Caritas interviene, con la sua funzione pedagogica e con lo spirito della sussidiarietà, in molti settori della sofferenza. La diocesi ha progetti sull'abitare, sul credito alle famiglie e alle imprese, sulla raccolta degli abiti usati, sulla prevenzione. Non sempre questi interventi hanno la giusta attenzione da parte delle amministrazioni pubbliche». Questi alcuni dati: circa mille famiglie seguite dai centri ascolto e dalle parrocchie in rete, 3.500 le persone coinvolte di cui circa mille i minori interessati da situazioni di povertà. Si è registrato una lieve diminuzione degli interventi a Ragusa e Comiso la predominanza complessiva degli italiani (60%). Emerge il ruolo della donna come attore centrale nel percorso di ricerca di aiuto esterno (63%). Per quanto riguarda il target d'età di chi chiede un aiuto , la più critica è quella tra i 33 ed i 44 anni, a seguire quella fino ai 64 anni. Anche i più giovani, sotto i 30 anni, presentato difficoltà e disagio. C'è un dato che fa riflettere, e riguarda l'aumento di richieste sul versante dei beni alimentari.
«L'aumento di persone che richiedono aiuti alimentari, avvenuto nel mezzo della crisi - spiega la Caritas -, non esprime di per sé un bisogno alimentare, quanto economico: si rinuncia a fare la spesa e ci si accontenta del pacco viveri, per far quadrare i conti. È anche vero che sul fronte d egli interventi assistenziali alcune difficoltà nel reperimento degli alimenti so no comunque evidenziabili, soprattutto a seguito della diminuzione degli aiuti alimentari europei». Durante l'incontro di ieri con il vescovo è stato fatto il punto sulle attività di welfare locali a partire dai dati sui bisogni, le richieste e gli interventi registrati dai centri di ascolto cittadini e parrocchiali di Ragusa, Vittoria e Comiso, sulle attività della casa di accoglienza donne "Io sono con te" e del microcredito per le famiglie e del Prestito della Speranza.