RAGUSA. Si è costituito Giovanni Arangio Mazza, latitante dal 19 dicembre scorso, giorno in cui gli uomini della Polizia di Ragusa, alle 4 del mattino si erano presentati a casa sua per arrestarlo, ma lui non c’era. Il padre era stato subito arrestato, mentre lui, avendo appreso la notizia si era reso irreperibile fino a questa mattina, quando (probabilmente perché sapeva di avere “le ore contate”) si è costituito presso il carcere di Ragusa dove al momento gli stanno notificando l’ordine di carcerazione in quanto dovrà espiare la pena residua, ormai definitiva, di anni 15. L’ordine di carcerazione è stato emesso dalla Procura Generale della Repubblica di Catania, nei confronti di Giombattista Arangio Mazza e di Giovanni Arangio Mazza, in esecuzione alla sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Catania in quanto ritenuti mandanti dell’omicidio di Giovanni Incardona. La sentenza è divenuta definitiva dopo il loro ricorso in Cassazione in data 18.12.2013. I fatti risalgono al lontano 1992 quando la Polizia intervenne nelle prime ore della mattina di un lunedì, in Via Parma dove erano stati uditi dei colpi d’arma da fuoco. Sul posto in pochi attimi, le Volanti prestavano i primi soccorsi ad Incardona che si trovava all’interno della sua auto agonizzante per le numerose ferite al volto dovute a dei colpi di fucile calibro 12 così come appurato dalla Polizia Scientifica. L’uomo moriva in ambulanza durante il trasporto in ospedale e da lì partivano immediatamente le indagini. In pochi minuti veniva rinvenuta l’auto utilizzata dai killer data alle fiamme ed il mistero si faceva sempre più fitto considerato che Incardona seppur non facesse una vita del tutto regolare non era inserito in ambienti criminali. I sospetti degli investigatori ricaddero subito sui due in quanto il legame di parentela acquisito a causa del matrimonio contratto dalla figlia di Giombattista e sorella di Giovanni, con Incardona, aveva fatto nascere dissapori sin dal primo istante, dissapori che i congiunti non accettavano e che addirittura il padre appuntava in un diario con una meticolosità fuori dalla norma, proprio per non dimenticare i torti subiti. La svolta nelle indagini si registra dodici anni dopo, nel 2005, grazie a due collaboratori di giustizia, uno dei quali si era autoaccusato dell’omicidio Incardona. L’esecutore materiale dell’omicidio riferiva che aveva acquistato un’auto dagli Arangio Mazza e siccome non riusciva a pagare le rate, i due gli offrrirono la possibilità di estinguere parte del debito per “gambizzare” il marito della loro congiunta; successivamente considerati i continui problemi, nelle more dell’esecuzione “dell’avviso”, gli Arangio decisero di commissionare l’omicidio ed estinguere l’intero credito per l’auto che ammontava a 10 milioni di lire. Nel 2006, fu eseguita l’ordinanza di custodia cautelare in carcere degli Arangio Mazza e di Luigi Favitta responsabili, i primi due come mandanti e Favitta quale esecutore materiale dell’omicidio. In attesa del ricorso per Cassazione avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’Assise d’Appello di Catania, gli Arangio Mazza sono otrnati liberi fino a quando la Polizia non ha catturato il padre Giombattista subito dopo l’emissione del provvedimento e Giovanni costituitosi oggi.