RAGUSA. La «Antonino Ancione spa in liquidazione» si avvia alla chiusura. Dopo averle tentate tutte, l'antica azienda che produce materiale bituminoso e mattonelle di asfalto, oltre ad una linea della calce, ha avviato il percorso che porta alla chiusura. Attualmente i 31 operai sono in cassa integrazione fino al 25 maggio. L'azienda con il liquidatore Giovanni Lazzara e con un esponente della proprietà, l'ingegnere Fabio Ancione, ha comunicato nella sede di Confindustria alle organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil ed alle Rsu la chiusura delle attività. E' chiaro che sarà convocato un altro incontro con i sindacati confederali per avviare il processo di mobilità per i 31 dipendenti. Per Confindustria erano presenti il direttore Giuseppina Migliorisi e Alessandro Fois. Tra i rappresentanti sindacali Giuseppe Scarpata della Uilcem, che dichiara: «La notizia è di quelle che impressiona e non poco i lavoratori e questa rappresentanza sindacale. Con la chiusura dello stabilimento Ancione spa, la città di Ragusa perde la prima maglia - la più grande, la più antica - la prima tessera storica del modello industriale Ibleo. Gli Ancione, occorre ricordarlo, non solo sono stati tra i primi soci di Confindustria in Sicilia, ma sono stati quelli che hanno fondato la cassa edile in provincia di Ragusa. L'Ancione lascia il campo industriale con dignità. E con dignità, chiarezza e trasparenza, vuole chiudere il conto con i 31 lavoratori dello stabilimento. Sebbene la Ancione spa sia molto patrimonializzata, manca, purtroppo, la liquidità. Le condizioni economiche e finanziarie dell'azienda non presuppongono la continuazione delle produzioni. I costi fissi non sono più remunerabili. La contrazione delle commesse pubbliche assieme alla chiusura degli affidamenti bancari alle imprese hanno fatto il resto. Al tavolo abbiamo solo potuto prendere atto delle decisioni, irrevocabili, dell'azienda. La contabilità degli ultimi 3 bilanci non lascia spazio ad alcuna pretesa, da parte nostra, di continuità delle produzioni». Scarpata aggiunge: «Alla famiglia Ancione va il merito di averci provato sino alla fine, nonostante il mordente di una crisi che sta tagliando a fette l'economia del nostro territorio e dell'Italia intera. Attendiamo, dunque, la formalizzazione della fine attività lavorativa, per poi procedere a collocare i 31 lavoratori nelle liste di mobilità. Tutti in età da lavoro piena, trentenni, quarantenni, cinquantenni: nessuno di loro potrà agganciarsi alla pensione. La rioccupazione di queste maestranze pretenderà, da subito, una risposta seria da parte delle istituzioni. Azienda, lavoratori e sindacato, per una volta insieme, uniti, nella commozione più vera che solo una grave perdita, un grande addio, può dare».