MODICA. Il Gup del Tribunale di Modica, Maria Rabini, ha fissato al prossimo 11 luglio il processo per l'operazione "Agenzia matrimoniale”, conclusa nel novembre del 2011. Sono ben 35 le persone coinvolte. Di mezzo ci sarebbe un numero consistente di matrimoni “combinati” tra cittadini italiani e maghrebini residenti in Italia. Complessivamente nella lista ci sono venti italiani, residenti tra Modica, Scicli, Pozzallo, Giarratana, Ragusa, Rosolini e Caltanissetta, e quindici marocchini ed egiziani. Si tratta di Emanuele Calabrese, Vincenzo Cannata, Noè Carbonaro, Angela Cavalieri, Raffaele Coria, Gianni Rubera Coria, Letizia Covato, Giovanni Fidone, Giovanni Guardiano, Sebastiano Lagona, Francesco Leone, Vincenzo Pisani, Salvo Pitino, Giorgio Pino, Sebastiano Di Martino, Vincenzo Pino, Michele Roccasalva, Enza Roccasalva, Orazio Scilla, Giovanni Scollo, Nadia Bardaouz, Nadia Bazouhi, Kenza, Bazouhi, Laila Benbarkache, Asmaa Benkirane, Rajaa Benrahhal, Mohamed Chabbi, Yacine El Berrak, Solaiman El Manyawy, Wian Hizam, Amal Hmimas, Redouane Kamil, Houda Labchag, Abdelkader Qantar, Majdouline Razine, difesi dagli avvocati Salvatore Poidomani, Carmelo Ruta, Piero Sabellini, Angela Giunta, Elvira Argento, Nino Savarino, Guido Bruno, Giovanni Di Pasquale, Carmelo Scarso, Antonio Giannone, Filippo Lo Faro, Guglielmo Manenti, Carmelo Floridia, Gabriella Olivieri e Francesco Giardina. L’organizzazione sarebbe stata gestita da extracomunitari a Modica e nel circondario. Il compito sarebbe stato quello di trovare un coniuge locale, nella maggior parte dei casi una persona indigente, a maghrebini in scadenza di permesso di soggiorno da far convolare a nozze, in maniera tale da ottenere il rinnovo automatico del titolo di soggiorno e bypassare le ordinarie procedure ministeriali che riservano esigue quote d’ingresso in Italia ai cittadini originari del Marocco. Dopo qualche anno sarebbe poi partita la richiesta di cittadinanza italiana. In molti casi il matrimonio si sarebbe celebrato tra il cittadino italiano e lo straniero entrato clandestinamente in Italia al fine di evitarne l’espulsione mentre in altri il matrimonio sarebbe stato addirittura celebrato in Marocco, con tanto di falsa conversione all’Islam della parte italiana che, una volta tornata in Italia, avviava l’iter per il ricongiungimento familiare col coniuge all’estero. Le accuse contestate sono favoreggiamento illegale dell’immigrazione clandestina e falsità ideologica.