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Verso Pozzallo 27 migranti salvati, la testimonianza: "In Libia africani in catene"

Foto d'archivio

POZZALLO. «Sono passati due anni da quando sono arrivato in Libia. Sono stato in prigione a Sabrata. Se avessi saputo tutto questo non ci sarei andato, uscirne è stato molto difficile». Così un senegalese, tra i 27 migranti soccorsi da Sos Mediteranee che stanno per arrivare a Pozzallo, ai volontari dell’organizzazione dopo il salvataggio.

«Un giorno - racconta - le guardie mi hanno colpito alla testa con un machete, con un AK-47, non avevo fatto alcunché. Bisogna pagare per uscire dalla prigione. Quando ho sentito dire che nei campi alcuni africani erano legati con catene, picchiati, venduti, mi sono detto che dovevo assolutamente partire dalla Libia, non potevo restare laggiù. Ci sono molte persone - conferma - che sono bloccate laggiù, che vogliono uscirne, ma che non sanno come fare».

Due migranti hanno spiegato di essere al quinto tentativo di traversata, un altro al secondo, dopo essere stati intercettati dalla Guardia costiera libica e rimandati in prigione.

«La situazione sanitaria nei campi di detenzione dei migranti in Libia sembra ogni giorno più critica - ha dichiarato Klaus Merkle, coordinatore dei soccorsi di Sos Mediterranee a bordo della nave Aquarius - come testimonia il drammatico aumento del numero dei casi di scabbia, registrato tra le persone accolte. Nel corso delle nostre ultime operazioni, all’indomani del Natale, abbiamo visto neonati e bambini il cui corpo era coperto di scabbia. È un segno evidente - ha aggiunto Merkle - del peggioramento delle condizioni di detenzione dei bambini e degli adulti nelle prigioni libiche».

La nave Aquarius, noleggiata da Sos Mediterranee e gestita in partnership con Medici Senza Frontiere (Msf) è in arrivo al porto di Pozzallo per lo sbarco di 27 persone soccorse domenica in mare al largo della Libia da una nave della marina mercantile, all’indomani del primo tragico naufragio del 2018 che ha fatto almeno otto morti e decine di dispersi.

Le 27 persone, tra cui due donne, a bordo di un’imbarcazione in legno di 7 metri alla deriva, sono stati soccorsi domenica dopo mezzogiorno dal cargo italiano Asso Ventiquattro, nelle vicinanze della piattaforma petrolifera Sabratha Oil Field al largo delle Coste libiche e poi trasbordati domenica sera a bordo della nave Aquarius che pattugliava le acque internazionali a ovest di Tripoli.

Accolti a bordo in stato di shock, alcuni con sintomi di ipotermia, i 27 sopravvissuti sono stati presi in carico dal team medico, mentre la nave Aquarius ha proseguito in coordinamento con il Maritime rescue coordination centre di Roma, la ricerca attiva di imbarcazioni in difficoltà nelle acque internazionali a ovest di Tripoli prima di fare rotta, lunedì sera, in direzione della Sicilia per lo sbarco dei naufraghi in un porto sicuro.

«Anche durante l’inverno e malgrado le condizioni meteorologiche incerte - ha dichiarato Klaus Merkle, coordinatore dei soccorsi di Sos Mediterranee a bordo della nave Aquarius - centinaia di persone continuano a rischiare la loro vita in mare per fuggire dalla Libia. Per di più in questi ultimi giorni i media hanno riferito di scontri armati in più punti della zona costiera libica, una situazione ogni giorno più caotica, che rende le partenze più difficili da prevedere e complica di conseguenza le nostre operazioni di ricerca e soccorso. Le navi di salvataggio sono costrette a pattugliare una zona geografica molto più estesa».

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