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"Uno, nessuno, centomila" di Pirandello in scena a Ragusa il 12 maggio

ROMA. Trenta repliche sold out. Oltre 25 mila spettatori, tutti in fila per vedere Pirandello. Ragazzi delle scuole compresi. "I numeri sono imbarazzanti - sorride Enrico Lo Verso -. E' uno spettacolo che mi è 'esploso' in mano, con gente tornata anche tre volte a vederlo. Pensare che non volevo più fare teatro". Invece, dopo il debutto la scorsa estate in Puglia, 'Uno nessuno centomila', monologo tratto dall'ultimo romanzo del Premio Nobel, di cui a giugno ricorrono i 150 anni dalla nascita, ora arriva anche alla Sala Umberto di Roma dal 20 al 30 aprile, nell'adattamento scritto e diretto da Alessandra Pizzi. Per proseguire poi in tournée, tra Brindisi (Mesagne, 6-7 maggio), Ragusa (12) e il Pirandello Festival di Torino (30 giugno-1 luglio).

ùAl centro, come nel romanzo, la storia di Vitangelo Moscarda, uomo ordinario, benestante, che un giorno, scoprendo un insignificante difetto fisico, si rende conto di essere visto come una persona completamente diversa da quella che pensa di essere. Ed entra in crisi profonda.
"Non volevo più fare teatro", racconta Lo Verso, indimenticato Ladro di bambini per Gianni Amelio, che dopo un ultimo Tram chiamato desiderio dal palcoscenico mancava da 10 anni.

Poi, però, "mi ha rapito il testo. Alla prima prova con il pubblico, in Salento, aspettavamo cento persone e ne sono arrivate 300. Lì - sorride - ho capito quale sarebbe stato il vero problema di questo spettacolo: le sedie. Persino a Cavallino, con una platea da 700 posti, abbiamo mandato via 150 persone, con la gente seduta per terra. Sembravo Dario Fo ai tempi di Mistero Buffo, quando recitava con gli spettatori seduti fino a pochi centimetri da lui". Le ragioni di tanto successo? "Il pubblico ha fame di cultura", risponde l'attore, che a maggio sarà tra i protagonisti di Maltese - Il romanzo del commissario, la fiction di Rai1 con Kim Rossi Stuart. "C'è il merito di uno spettacolo 'sostenuto' nella promozione, cosa rara purtroppo oggi nel teatro. Poi c'è il testo e anche le 'guittate' che ho aggiunto io".

Era solo il 1925, ma "Pirandello - prosegue - in realtà scrisse un istant book su Facebook. Sì, su Facebook - spiega - perché quella che racconta è l'angoscia dell'apparire, di un uomo che invia un'immagine in modo che gli altri lo possano vedere. Ma si rende conto che viene percepito diversamente. E allora, ecco, ne manda un'altra perché vedano veramente 'che sono così'. E' un testo che parla del 'chi sono io e come mi vedono gli altri'. Del perché è tanto difficile essere compresi.

La prima volta che l'ho recitato davanti ai ragazzi delle scuole, mi sono reso conto che bastava sostituire la parola 'specchio' con 'display' e il discorso filava perfettamente. E, a giudicare dal silenzio, i ragazzi lo hanno capito". Ecco allora che Vitangelo Moscarda "è un uomo di oggi. Gli voglio bene - dice Lo Verso - perché mi fa sentire meno solo nella vita di tutti i giorni. Da attore ho vissuto tante volte la schizofrenia di quando ti fermano per strada trattandoti come il personaggio che ti hanno visto interpretare. Sei la persona più buona o peggiore al mondo, a seconda del film che è passato.

Come Vitangelo ho la consapevolezza di essere molteplice agli occhi degli altri. Prima di questo spettacolo mi pesava tantissimo. Ora meno".
Quindi è 'pace' fatta con il teatro? ''Amo questo spettacolo perché ogni sera sperimento qualcosa di diverso - conclude - Forse sarei dovuto nascere ai tempi della Commedia dell'arte.
Però no, pace con il teatro ancora no. Anche se almeno fino al 2027 questo Vitangelo voglio tenermelo ben stretto".

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