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Comiso ricorda lo scrittore Bufalino a 20 anni dalla sua morte

COMISO. In vita diceva che non aveva alcuna intenzione di «salire sull'autobus affollato» della notorietà. E questa ritrosia dichiarata e praticata ha funzionato come pretesto per l'oblio che ha coperto finora Gesualdo Bufalino. A vent'anni dalla sua scomparsa in un incidente stradale, lo scrittore siciliano viene ora ricordato nella sua Comiso, il paese che considerava come la «tana» della sua vita.

La Fondazione che porta il suo nome ha organizzato un evento per il 14 giugno, giorno della morte di Bufalino, con la pubblicazione di un'edizione speciale del libro «L'uomo invaso» e una serata con un confronto fra i critici Giuseppe Traina e Nunzio Zago, un reading di testi dello scrittore e una mostra delle tavole di Velasco Vitali che illustrano il volume.

La scelta di ripubblicare «L'uomo invaso» viene spiegata da Traina come un'opera di sintesi dei «tanti aspetti dell'universo bufaliniano» nella quale si ritrovano il gusto della commedia umana siciliana e il sapore beffardo della vita. Ma anche il registro colto e l'originale cifra barocca della letteratura di Bufalino.

Nel giorno del ricordo non mancheranno i riferimenti ai due capolavori che rivelarono lo scrittore di Comiso, «Diceria dell'untore» (premio Campiello 1981) e «Argo il cieco». Quando morì, Bufalino aveva 76 anni. Ne erano trascorsi 15 dal suo esordio. A rivelarlo era stato un suo saggio su Comiso del passato pubblicato da Sellerio che era piaciuto a Leonardo Sciascia.

«Uno che scrive così - aveva pensato Sciascia - deve avere un libro nel cassetto». Non uno ma due, aveva rivelato al telefono a Elvira Sellerio. Sul suo «esordio tardivo» Bufalino scherzava: «Con un pò di pazienza avrei potuto esordire da postumo, che è la sorte più bella».

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