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Il vescovo Mogavero: "La politica tremendamente indietro sull'immigrazione"

POZZALLO. Sul tema delle migrazioni “la politica è tremendamente indietro rispetto alla storia e all'attualità”. La denuncia arriva da monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, secondo il quale “se l'Europa, che va verso un progressivo e irreversibile invecchiamento, non vuole perdere il livello di progresso che ha raggiunto, deve cambiare testa e strada”. “La colpa
dell'Occidente, come pure dell'Italia, è non aver compreso pienamente la complessità della questione delle migrazioni”,
sottolinea Mogavero, intervenendo al Colloquio “Mediterraneo: una strada nel mare”, a Pozzallo, nel ragusano, per iniziativa di Rinascita Cristiana e del Miamsi, Mouvement International d'Apostolat des Milieux Sociaux Indèpendants.

“L'Europa non ha un progetto di politica alta sulle migrazioni, nè l'Italia nè la Sicilia, che pur avendo sempre accolto, non ha una legge sulle migrazioni”, osserva il vescovo di Mazara del Vallo, per il quale “la Chiesa deve gridare forte perchè  altrimenti avrà la colpa di omissione nel non aver aiutato la comunità a guardare avanti. Per la Chiesa, sollecitata dal  magistero illuminante di Papa Francesco che ci invita ad aprire gli occhi, i migranti rappresentano infatti un richiamo a quella  nota 'cattolicà e 'universalè che tutti abbraccia e comprende. Nella logica della mistica della prossimità indicata dal Papa, la comunità ecclesiale è chiamata ad un annuncio profetico che vada oltre i confini ecclesiali”.

“Del resto - ricorda Mogavero - ci sono indagini di mercato per le quali coloro che oggi rifiutiamo o accogliamo con riserva domani potrebbero essere ricercati con umiltà perchè nel 2050 l'Europa avrà bisogno di un gran numero  di lavoratori di cui non dispone”.
Secondo il vescovo di Mazara del Vallo, “è possibile realizzare modelli integranti purchè si metta al centro la persona”. “L'altro - spiega - è una presenza esigente perchè è persona umana e non perchè è qualcuno che ha bisogno. Proprio in virtù di questo, noi non possiamo chiudere le porte: la nostra umanità si realizza nell'accoglienza dell'umanità dell'altro”.

Per Mogavero “la Sicilia, immersa nel Mediterraneo, è una metafora dell'attuale momento storico: al centro di scontri e di  incontri di fedi e culture, ha saputo realizzare sintesi alte di convivenza”. “La nostra terra - sottolinea - non conosce problemi di rifiuto aprioristico o ideologico, sebbene alcuni provvedimenti legislativi, come quello dei respingimenti messo in atto in passato, hanno disonorato questa tradizione”.

“I migranti sono spesso considerati una minaccia a tutti i livelli, mentre la sfida è creare una società inclusiva. La paura va combattuta perchè ci impedisce di aprirci all'altro e per noi cristiani significa chiuderci al principio dell'amore”, dice Katrine Camilleri, vice presidente del Jesuit Rèfugies Service di Malta, prendendo parte alla tavola rotonda insieme a padre Daniel Nourissat, vicario generale della Diocesi di Rabat (Marocco) per il quale “i migranti sono una chance: si tratta di lavorare per un cambiamento di mentalità in Europa, in Africa e ovunque nel mondo”. “Dobbiamo lavorare insieme per trovare soluzioni che siano all'altezza delle responsabilità e in questo ambito il cammino partecipativo delle Ong è fondamentale per individuare percorsi condivisi, ma anche per dire che niente è impossibile. Bisogna bandire la parola 'impossibilè dalle nostre lingue”, aggiunge Mechthilde Fuhrer, segretaria esecutiva del Dipartimento delle iniziative democratiche del Consiglio d'Europa.  “Siamo di fronte ad un cambiamento di epoca e non ad un'epoca di cambiamenti che ci chiede un cambio di mentalità, ispirato dalla lettura dei segni dei tempi”, osserva padre Giovanni Di Gennaro, del Centro Astalli di Catania. “Mentre i governi si dibattono per trovare linee di azione comuni, a volte smentite da egoismi nazionalistici, la società civile si prodiga per l'accoglienza”, rileva ricordando quanto viene fatto concretamente sul campo.
“L'Italia ha fatto e sta facendo parecchio a livello di accoglienza, sia sulla qualità che sulla quantità”, gli fa eco Tonino Solarino, della Fondazione San Giovanni Battista di Ragusa, per il quale tuttavia occorre “evitare che l'emergenza diventi un alibi della corruzione e che si crei una guerra tra poveri, alimentando il brodo dei partiti xenofobi”.

 

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