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Comiso piange Sylvie: non doveva finire così

COMISO. Un uomo scende da un furgone bianco, si ferma davanti alla trazzera che porta alla casa di Monjia Sylvie. Ha le lacrime agli occhi. «Era un angelo. Scrivetelo: Silvia era una ragazza splendida». Poi aggiunge: «Aveva lavorato nella mia azienda, in campagna, alcuni anni fa». Piange a dirotto, sale sul furgone e si allontana, singhiozzando.

Parla di Sylvie Monja Ajed, la donna di 37 anni uccisa dal padre, Rafih Ayed, anche una giovane donna, che gestisce un'edicola di Comiso. «Non riesco a credere che non ci sia più. Venerdì era venuta qui per pagare i libri acquistati per la figlia. La più grande frequenta le Superiori a Ragusa. Mi aveva detto: "Pago subito. Non sappiamo cosa accadrà domani". Oggi ripenso a quelle parole! Era molto attenta alle figlie, era preoccupata per i disservizi del pullman, che lasciava a terra alcuni studenti. Aveva protestato». L'edicolante ne parla con affetto. «Le volevo bene. Era una donna speciale, dolce e forte. Aveva deciso di lavorare in un magazzino per aiutare l'economia familiare. Aveva detto al marito, che lavorava nelle serre con il padre: "Serve un guadagno certo. Nel tempo che resta lavorerò anche te". Anche il padre veniva spesso qui: l'ultima volta domenica scorsa».

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