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No alle aste giudiziarie, il comitato del Ragusano rilancia: è macelleria sociale

RAGUSA. Altra battaglia in prima linea per il Comitato contro le aste giudiziarie nato a Vittoria ma operativo in tutta la provincia. Questa volta scende in campo in favore della famiglia Iacono, il cui capofamiglia è un produttore agricolo di Pedalino. La casa è stata ceduta per soli 8 mila 628 euro, contro un valore stimato di circa 150 mila euro. Inoltre, adesso vogliono vendere o svendere anche i suoi terreni. Martedì il comitato impedirà al nuovo proprietario di impossessarsi della casa di Iacono. «Questa è solo macelleria sociale – ha detto ieri mattina in piazza Libertà Marcello Guastella del Comitato contro le Aste -. Con questa procedura si punisce chi non ha colpa, ma è vittima di un sistema disumano. La vendita all’asta, non ci stancheremo mai di ripeterlo – continua Guastella – non solo non risolve il problema, ma distrugge il nostro patrimonio sociale ed economico, che invece andrebbe salvaguardato. Se martedì non impedissimo questo scempio, ci sarebbe un’altra famiglia senza casa, senza lavoro e ancora piena di debiti. A chi giova tutto ciò?». Si fa un gran parlare dell’importanza, per questo territorio, della fascia trasformata, ma nessuno fa niente per salvarla. «Coltivare un metro quadro di terra – dichiara Maurizio Ciaculli, un agricoltore del Comitato – costa circa 9 euro e 50 centesimi, ciò che ne ricaviamo, se va bene, sono solo 6 euro. Solo che ha avuto la fortuna di piantare il pomodoro datterino è andato in pareggio. Siamo costantemente in perdita. Non è più possibile che i nostri prodotti ci vengono pagati al di sotto dei 50 centesimi al chilo, quando, poi, gli stessi prodotti vengono venduti a 2, 3 a volte anche a più di 5 euro al chilo, è il caso del ciliegino nei mercati del Nord».
Intanto dopo la conferenza stampa di ieri mattina la famiglia Iacono è stata convocata in Prefettura a dimostrazione che il rappresentante del Governo è attento a questi problemi. Ieri gli agricoltori presenti hanno chiesto come si può andare avanti vendendo il ciliegino a 50 centesimi al chilo, i cetrioli e le zucchine a 15 centesimi, le melanzane a 20 o ancora i peperoni a 60 centesimi, quando tutti questi prodotti vengono poi venduti al consumatore finale con un rincaro che si aggira intorno al 200 percento?
Ma i problemi del comparto sono legati anche agli imballaggi che incidono sul costo del prodotto ma non vengono decurtati per il peso reale ma viene arrotondato a tutto svantaggio dei produttori che sono l’anello debole della filiera. Basti pensare che un chilo di datterino venduto a Milano a 5 euro viene pagato appena 50 centesimi a cui vanno detratti il 18% per la mediazione. S.M.

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