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Vittoria: sette condanne senza associazione mafiosa

VITTORIA. La mafia in provincia non esiste più. Questo il significato della sentenza emessa ieri sera, dopo sei ore di camera di consiglio, dalla prima sezione della Corte d’Appello (presidente Sebastiano Mignemi) nel processo di secondo grado nato dall’operazione antimafia denominata «Final Game» messa a segno da polizia e carabinieri tra il 23 giugno e 17 luglio del 2009 ai danni di presunti appartanenti a Cosa Nostra ed alla Stidda. Si tratta dell’appello del processo di primo grado celebrato col rito ordinario. La Corte d’Appello ha riformato la sentenza emessa il 30 aprile del 2012 dal Tribunale di Ragusa, facendo cadere l’associazione mafiosa e condannando i vertici solo per associazione semplice e per le estorsioni. Le condanne sono pari a 22 anni rispetto agli oltre 35 anni del primo grado quando era stato assolto da tutti i reati uno dei presunti affiliati a «Cosa Nostra». Si tratta di Fabio Incardona, 30 anni. Il sostituto procuratore generale Rosa Cantone aveva chiesto la conferme delle condanne seppur con qualche sconto.
Nel dettaglio la Corte d’Appello ha confermato l’assoluzione dal reato associativo per Gianfranco Cascino, 36 anni; Cascino, è stato condannato solo per detenzione di armi ad un anno ed 8 mesi (erano 2 anni e 6 mesi), pena già scontata. Per gli altri presunti appartenenti a Cosa Nostra, invece, sono state emesse sentenze di condanna ma scontate: 4 anni e mezzo (erano 7 anni e 6 mesi) per Giuseppe Maurizio Intanno, 41; tre anni e mezzo (erano 4) per Giuseppe Sarrì, 49; un mese (al posto di 3) di isolamento diurno, in continuazione con l’ergastolo rimediato per la strage del 2 gennaio 1999, per Carmelo La Rocca, 40. Per i presunti affiliati alla «Stidda» la pena maggiore è stata inflitta a Marco Giurdanella, 31, condannato a 6 anni (erano 10 anni e 8 mesi di reclusione); 5 anni (erano 8 anni) per Vincenzo Latino, 41, presunto capo del gruppo, ma in continuazione con la condanna a 10 anni per l’operazione «Greenline»; due anni invece di tre anni al pentito Giuseppe Doilo, 37 anni; Latino e Doilo erano accusati anche del tentato omicido di Giovanni Antonuccio derubricato in lesioni.
Latino è stato difeso dall’avvocato Maurizio Catalano che ha definito epocale la sentenza di ieri che conferma quella emessa con l’operazione «Flashback» in Appello. Anche in quella occasioni gli stiddari erano stati assolti dal reato associativo di stampo mafioso. Giurdanella è stato difeso dall’avvocato Giuseppe Di Stefano; Intanno è stato assistito dall’avvocato Marco Comitini; Cascino dall’avvocato Daniele Scrofani; La Rocca dall’avvocato Santino Garufi; Sarrì dall’avvocato Rocco Di Dio; Doilo dal legale romano Enza Angelino. Una sola vittima del pizzo si è costituita parte civile con l’avvocato Isabella Linguanti.

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