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Ragusa, Ferito: condannati i padroni della serra

RAGUSA. Un incidente sul lavoro di un operaio all’interno di una serra avvenuto nel 2006 è finito in Tribunale ed i proprietari sono stati condannati a sei mesi di reclusione per lesioni colpose ed al risarcimento danni patiti dalla parte civile. La sentenza è stata confermata anche in Appello ma la difesa annuncia ricorso in Cassazione. Tutto ruota sulla difficoltà di adeguare alla realtà del mondo serricolo, le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Anche secondo il consulente tecnico d’ufficio per evitare gli incidenti nelle serre, infatti, le stesse dovrebbero essere trasformate in tanti tendoni da circo con tanto di rete di protezione a terra e distanziate diversi metri una dall’altra. Lo stesso ctu ha detto in aula che l’attività generalmente viene svolta senza alcun dispositivo di protezione perché la serra non permetteva nessun tipo di aggancio, per osservare le norme in materia in una struttura in serra - sempre secondo il perito del tribunale - sono necessarie due funi, una da lavoro ed una di sicurezza, una imbracatura e tali funi dovevano essere inserite in dei meccanismi autobloccanti che, come già detto, erano inesistenti nella struttura della serra che era stata peraltro acquistata regolarmente con tanto di rilascio di certificato del sistema e conforme alle norme Uni En Iso 9001: 2000. «Conseguentemente per l’applicazione della norma - ha sostenuto l’avvocato Garufi - così come ha riferito il ctu, era necessario costruire un ponte da una parte ed uno dall’altra parte, per poi stendergli le funi. Lo stesso perito ha detto in aula che l’applicazione della norma sulla sicurezza era tecnicamente possibile ma praticamente impossibile da realizzare, se non a costi esorbitanti e condizioni di trasformazione della struttura agricola in un vero circolo per funamboli. Allora, occorre rivedere l’autorizzazione delle vendita di strutture per la coltivazione in serra di ortofrutti che, così come progettate e costruite, non consentono al produttore l’applicazione dell’articolo 36 quinques del decreto legge 626/94, la cosiddetta legge sulla sicurezza nel luoghi di lavoro». La sentenza emessa dal Tribunale monocratico il 22 settembre 2009 è stata confermata anche dalla Corte d’Appello che ha accolto la tesi della Procura generale per cui la vita non ha prezzo e le norme vanno rispettate. Sotto processo S.A. di 50 anni, nato a Giarratana ma residente a Vittoria e A.A. di 48 anni, nato a Ragusa ma residente nella città ipparina, entrambi difesi dall’avvocato Santino Garufi. Il legale nel corso della sua articolata arringa ha sostenuto la mancanza del legame causale tra la violazione di norme antinfortunistiche e l’evento dannoso. La mancanza del legame secondo la difesa si evince dalle dichiarazioni di un teste che il 5 giugno del 2008 ha dichiarato che la persona offesa, M.S., era stata avvertita più volte di stare attenta e di non fare lo spavaldo mentre lavorava sulle serre e così ha perso l’equilibrio ed è caduto a terra.

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