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Giovanni e Matteo, i gemelli del jazz Due quindicenni col destino segnato

Sorpresa al festival in corso a Castelbuono, Enrico Intra porta in scena giovanissime promesse siciliane e si raccomanda: studiate tanto e sempre

CASTELBUONO. Non hanno cinquant’anni in tre: sono dei ragazzini che suonano da dio e che vengono tutti dalla stessa zona, quel Val di Noto che ormai la dice lunga sul fare jazz. Francesco Cafiso ha fatto scuola e ormai tra Ragusa e Siracusa son tanti a seguire il suo esempio: come questi tre piccoli protagonisti, due gemelli che si somigliano come gocce d’acqua e un giovanissimo batterista che sembra più lungo che largo. I fratelli Cutello, Giovanni al sax e Matteo alla tromba, sono di Chiaramonte Gulfi, Salvatore Tiralongo, il batterista, è invece di Avola.
Sono usciti come funghi grazie al Premio Pippo Ardini, intitolato al giornalista e grande conoscitore di musica jazz scomparso pochi anni fa: ma soprattutto hanno suonato - meravigliando un pubblico di appassionati – l’altra sera sotto il Castello dei Ventimiglia, per il CastelbuonoJazzFest. La rassegna ideata da Angelo Butera, giunta alla sua sedicesima edizione, attira da parecchio tempo un pubblico di amanti del jazz e di semplici spettatori: ma lunedì sera nessuno si aspettava che un grande maestro come Enrico Intra (al fianco di Fabrizio Giambanco e Giuseppe Costa) li applaudisse entusiasta dopo averli ascoltati e aver suonato con loro. «Tune up», «Solar», «Upper Manhattan medical group», «Evidence», «Caravan», «Nica's dream», fino ad «Over the rainbow»: una cavalcata elegante con il pianista pronto ad incoraggiare ragazzi senza padronanza (ancora) del palcoscenico ma protagonisti assoluti come bravura.
«Studiate tanto, studiate sempre, non crediate di essere arrivati. Ma, per favore, continuate così, con questa stessa voglia straordinaria di fare musica», sorride Intra che li vuole avere sul palco con lui a Milano, prestissimo.
I due gemelli Cutello hanno quindici anni (a tredici hanno vinto il premio Ardini) vantano un papà architetto appassionato di jazz, è sua la «colpa» se i due ragazzini hanno deciso di prendere in mano tromba e sax. Matteo e Giovanni fanno tutto in coppia, si vestono allo stesso modo, hanno tutti e due l’apparecchio ai denti, gli occhiali, un ciuffo simile, frequentano lo stesso anno e la medesima classe al liceo classico di Chiaramonte Gulfi. E parlano insieme, accarezzando strumenti cromati. «Papà ci ha fatto studiare – dicono Matteo e Giovanni – ora ci accompagna ai concerti, ci ascolta, ci incoraggia. Vorremmo continuare, diventare musicisti sul serio». Loro seri lo sono anche parecchio, non c’è verso di strappare un sorriso, neanche quando ringraziano imbarazzati per gli applausi.
Un po’ più scafato, ma neanche troppo, è il giovanissimo batterista Salvo Tiralongo, 16 anni, allievo del Cesm di Catania sotto la guida di Fabrizio Giambanco, ha vinto il Premio Ardini l’anno scorso e si è già esibito al Vittoria Jazz Festival di Cafiso. Anche lui sciorina un papà musicista. «Suonava ai matrimoni e io andavo con lui: quando mi ha visto battere sui tavoli con due forchette, ha deciso di farmi studiare – dice –. Ora non riesce a farmi smettere. Ormai suono da otto anni, vorrei arrivare in America». E magari suonare con Peter Erskine, il suo mito.

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