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Quel che resta del parco, il Comitato: «U’ Timpuni lasciato nel degrado»

La denuncia del portavoce del movimento per i Diritti del cittadino: tutto in rovina dopo quattro anni

MODICA. «Il degrado a Modica permane, è impossibile che un parco come quello di San Giuseppe U’Timpuni, sia ridotto in tali condizioni».
È questa la denuncia effettuata da Marcello Medica, portavoce del “Comitato per i diritti del cittadino” di Modica. «Permane ancora nel degrado, nell’abbandono e in balia dei vandali che l’hanno ridotto, nel tempo, piuttosto male». La sua realizzazione, quattro anni fa, costò parecchie centinaia di migliaia di euro, nel giro di qualche anno, il parco è stato praticamente distrutto e ciò che è rimasto è pressoché inutilizzabile, ad iniziare dai parchi giochi, dai lampioncini che lo circondano, o dalla segnaletica al suo interno.
«Per non parlare dei sentieri, dei muretti a secco, delle fontane, dell’anfiteatro e di tutte le altre strutture a servizio dei visitatori - commenta Medica -, il tutto seriamente compromesso. Avrebbe potuto rappresentare una struttura di accoglienza per i tanti turisti che approdano in città, invece si è lasciato nell’abbandono ed anche incustodito». Marcello Medica parla con grande amarezza di ciò che rimane. «Ad oggi, pertanto, ci ritroviamo a parlare dei resti di quello che, appena qualche anno fa, era un fiore all’occhiello del verde pubblico in città. Nei giorni scorsi, dietro le pressioni di tanti cittadini, comitati e associazioni, soltanto un intervento di scerbatura da parte del corpo forestale al quale il parco è stato recentemente affidato, ma niente di più». Il Comitato segnala che, addirittura, gli stessi sfalci della scerbatura sono rimasti in loco, costituendo ancora una minaccia per possibili incendi che darebbero il colpo mortale ad una struttura già moribonda. «Adesso spetta alla nuova amministrazione comunale decidere se lasciare la struttura nello stato di abbandono attuale con i rischi e le negative conseguenze possibili o cercare - conclude -, in qualche modo, magari attraverso l’affidamento a privati, di valorizzarla e restituirla alla città perché possa essere usufruita al meglio».

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