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Truffa del caro estinto a Modica, due arresti e 21 indagati

MODICA. Medici, infermieri e paramedici dell'ospedale Maggiore di Modica favorivano imprese funebri segnalando i casi di malati terminali o in fin di vita. A volte, invece, permettevano le dimissioni di pazienti già deceduti attestando, falsamente, che fossero ancora vivi per evitare l'iter burocratico che prevede un periodo di osservazione nel nosocomio della salma di almeno 15 ore.
Per permettere di essere celermente avvisata, la società di onoranze dava ai loro informatori un cellulare di servizio. E' la presunta truffa del caro estinto scoperta da carabinieri di Modica che hanno eseguito cinque provvedimenti restrittivi emessi dal Gip: due arresti domiciliari e tre obblighi di firma. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono truffa, falsità ideologica. Durante le indagini, i carabinieri di Modica hanno anche scoperto un infermiere del pronto soccorso che si assentava dal lavoro per dedicarsi alla cura dei pazienti seguiti in privato, ai quali forniva farmaci del nosocomio o fornendo loro false attestazioni, con la complicità di un medico, per non pagare il ticket.
Nell'inchiesta, coordinata dal procuratore capo Francesco Puleio e dal sostituto Gaetano Scollo, ci sono altri 18 indagati, tra medici, infermieri, titolari e dipendenti di agenzie di pompe funebri, nei confronti delle quali il Gip, pur ritenendone provata la rispettiva responsabilità, non ha ravvisato la sussistenza di esigenze cautelari.
I due indagati sottoposti agli arresti domiciliari sono l'infermiere Vincenzo Giummarra e la titolare di un'agenzia di onoranze funebri, Raffaela Palladino. Il marito di quest'ultima, Gaetano Puccia, e un ausiliario socio sanitario Salvatore Medici, sono stati sottoposti all'obbligo di firma in caserma.
I quattro sono indagati, a vario titolo, per truffa aggravata ai danni dello Stato, peculato, abuso d'ufficio e falsità ideologica. A un altro indagato, Alessandro Graziano Agosta, sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di firma, è contestato il reato di cessione di sostanze stupefacenti al figlio di un infermiere coinvolto nell'inchiesta, che è stata denominata 'Sciacallo'.
Dalle indagini dei carabinieri è emerso anche che alcuni degli indagati eseguivano prelievi di sangue, con provette sottratte dalla farmacia dell'Asp, e facevano eseguire analisi di laboratorio senza pagare il ticket sanitario. Per fare questo attestavano falsamente l'ingresso in Pronto soccorso di pazienti, che invece ottenevano le prestazione a casa.
Militari dell'Arma hanno sequestrato materiale di esclusivo uso ospedaliero e farmaci defustellati, classificati tra le sostanze stupefacenti e dopanti.

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