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Caffé Mediterraneo, l'ora dell’addio: scatta lo sgombero

Il provvedimento del tribunale su istanza di Unicredit. Salvatore D’Amato venerdì si era incatenato e aveva minacciato di darsi fuoco. Appello delle istituzioni: «Bisogna trovare un accordo»

RAGUSA. Entro domani la «Ristorhouse sas» di cui è amministratore Maria Assunta D’Amato dovrà lasciare liberi i locali dello storico Caffè Mediterraneo che negli anni Cinquanta fu costruito dall’imprenditore ragusano Salvatore Tumino e che è stato sempre uno dei punti di riferimento del centro storico cittadino insieme al Caffè Roma. È il frutto dell’esecuzione di sgombero dei locali emessa dal Tribunale di Bologna su istanza di Unicredit Leasing spa, titolare dell’immobile che ospita anche l’albergo gestito da un’altra impresa.
L’operazione non è stata indolore in quanto Salvatore D’Amato, fratello di Maria Assunta, nel tentativo di evitare il sequestro, venerdì si era incatenato nel locale con una bottiglietta di liquido incendiario vicina e aveva minacciato di darsi fuoco. Intorno all’una si era pure sentito male ed era stato accompagnato con ambulanza in ospedale. A farlo desistere, un maresciallo dei carabinieri.
La chiusura del Caffè Mediterraneo è costata il posto di lavoro a otto persone tra banconisti, pasticcieri e camerieri, che lavoravamo per conto dei fratelli Assunta, Salvatore e Gianluca D’Amato. Venerdì la scritta «chiuso era comparsa, per qualche ora, anche davanti all’albergo ma è poi scomparsa. Unicredit Leasing ha infatti raggiunto l’intesa con la ditta che gestisce l’albergo, la Holiday Freedom.
«Spero che prevalga il buon senso da parte di tutti — afferma il presidente della V Commissione Consiliare comunale Giovanni Di Mauro — e mi auguro che questa brutta vicenda che non riguarda solo gli interessati, ma che coinvolge l’intera città, possa al più presto risolversi nel modo migliore possibile, soprattutto per chi ha perso il posto di lavoro, ma anche per noi ragusani che abbiamo perso un punto importante di riferimento». In campo anche il presidente dell’Ascom, Cesare Sorbo. «Ci chiediamo — afferma Sorbo — se era questa l’unica soluzione possibile. Che senso ha chiudere un locale storico come il Mediterraneo, in un periodo, come quello attuale, in cui, a causa della crisi, l’interesse di tutti è quello di trovare opportunità di lavoro? Premetto che ciascuna delle parti in causa ha le proprie ragioni, legittimamente supportate dalle normative esistenti. Ma non sarebbe forse il caso di sforzarsi, proprio perché il momento è quello che tutti conosciamo, per addivenire a una soluzione in grado di soddisfare le varie richieste di tutti gli attori in causa? Al momento la situazione cristallizzata è quella di un imprenditore senza attività, di un pubblico esercizio con i battenti chiusi e di un gruppo di lavoratori mandati a casa. È questo il futuro che vogliamo per la nostra città? Qualcuno provi a rispondere».

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